Leggo con soddisfazione dei buoni risultati del Casino de la Vallée di Saint-Vincent. Carta canta e i numeri non sono, per fortuna, fantasie. Quando, a inizio della legislatura regionale attuale, ebbi la responsabilità sulle Partecipate, mi trovai nelle mani questo dossier delicato. La Casa da gioco, gallina dalle uova d’oro per decenni dal 1947, era nei guai. Nel senso, molto concreto, di un rischio fallimento in un momento nel quale la politica era scossa da un’inchiesta della Corte dei Conti sui finanziamenti regionali dati al Casinò, con riflessi anche penali, che aveva messo sulla graticola molti politici valdostani e amministratori della società. Tutte vicende, umanamente dolorose per chi ci cadde dentro, che in una esemplare sentenza della Corte Costituzionale e nelle sentenze dei Tribunali si sono sciolte come neve al sole. Con il solito meccanismo giornalistico della gogna mediatica con titoloni accusatori, che sono finiti come notiziuola al chiudersi in positivo delle diverse vicende intrecciate fra di loro. Ma, in quei momenti, non si poteva prevedere questo esito e così il Casino era avvolto, con mia angoscia personale dovendomene occupare camminando sulle uova, da una specie di fatwa e chi aveva in mano la patata bollente era visto con una certa commiserazione e con una sua evidente solitudine, resa ancora più acuta da due problemi. Il primo: alcuni ritardi nella procedura per l’ottenimento del concordato. Il secondo: il rischio che i conti tornassero nella ripresa dell’attività, colpita in più dalle chiusure per la pandemia e sub iudice anche per i molti interrogativi sulla tenuta dei giochi e sulla loro redditività. Alla fine, come le tempeste precedenti avevano rischiato l’affondamento della nave in un clima non bello in cui pesarono le bugie di chi governò fingendo che tutto andasse bene (venni persino indicato come la Cassandra di turno quando esprimevo le mie preoccupazioni), la ripresa ancora in atto ha creato il necessario clima di serenità. Non sempre facile, perché il Casinò è luogo di sussurri e grida con risonanze sulla Politica che amplifica le notizie interne all’azienda, creando troppo spesso inutili fibrillazioni, sapendo ovviamente che tutto in un’attività così atipica come il gioco è migliorabile e ci possono essere scelte condivisibili o meno. È legittimo ed è un bene discuterne, evitando però polemiche inutili e non sempre ascoltando pettegolezzi e malevolenze che escono, nuocendo alla necessità di remare tutti dalla stessa parte. Ciò detto, ora bisogna guardare avanti e lo dico non avendo più responsabilità dirette sul dossier, che però per uscire definitivamente dal tunnel - ormai la scadenza del concordato è nel 2024 - va gestito in modo condiviso per assicurare il futuro ad un’attività che resta singolare (in Italia ci sono solo quattro Casinò) e foriera di vantaggi per la comunità. Bene è stato fatto - e io lo indicai negli strumenti di programmazione - predisporre uno studio serio sul futuro della Casa da gioco che permetta ai politici di decidere bene dove andare. Il grande bivio è fra gestione pubblica o subentro dei privati, ricordando come la concessione resta pur sempre regionale e bisogna svecchiare i giochi e aiutare Saint-Vincent a diventare luogo di spettacolo e di divertimento a sostegno dell’attività di gioco. Personalmente credo che, stabilizzata la situazione e consci della necessità di investimenti di vario genere sia - come dicevo - nella parte giochi che in quella alberghiera, l’idea di una gestione privata - solidamente controllata e regolamentata - possa essere una buona scelta. La si deve studiare in fretta, perché i tempi di realizzazione non sono brevi e sarebbe nociva una stagnazione.