La tempesta perfetta si abbatte sui trafori alpini e sulle altre vie di comunicazione fra Italia e Francia. Per il Caso che spesso imperversa, a complicare questioni già intricate da sole, si blocca il Fréjus per le conseguenze del maltempo lato francese e si preannuncia la già nota chiusura di tre mesi del Monte Bianco per lavori indispensabili e dunque non frutto di chissà quale capriccio. Ma, aspettando che questo avvenga con le giuste preoccupazioni del caso che ci sia o non un rinvio della chiusura poco conta, il blocco del tunnel piemontese ha creato problemi di circolazione seri sulla rete autostradale del Nord Ovest. Era necessario regolare i flussi di camion e la conseguenza sono state intasamenti e code che hanno creato problemi seri. Questo ha comportato, per essere concreti, la deviazione del trasporto pesante anche su Ventimiglia - terzo valico con la Francia - che già ha i suoi problemi di intasamento nell’ordinarietà. Protagonisti, come sempre, sono proprio i TIR che restano i player indiscussi della rete del trasporto merci in Italia e in Europa. Non raccontiamoci storie sul trasporto merci su rotaia, specie nella nostra area alpina, sapendo i ritardi che spostano a metà degli anni Trenta (forse ancora più in là) l’apertura della nuova ferrovia fra Torino e Lione. Non tornerò sulle polemiche sul raddoppio del Monte Bianco e sulle altre possibilità costruttive lungo lo stesso asse. È ovvio che per ora mancano accordi con i francesi e si viaggia sul “si dice” e non ripeterò la solita solfa, perché mi pare che non serva a niente, se non a creare inutili polemiche o speciose contrapposizioni. Quel che conta è che se ne discuta e si decida,sapendo anche quali siano nella partita gli interessi - comprese le contropartite - da salvaguardare per noi valdostani. Quel che manca è il dialogo Italia-Francia che deve avvenire ai vertici delle rispettive istituzioni nazionali per fare poi ratificare le scelte dai Parlamenti rispettivi. Questo non vuol dire che le popolazioni locali siano carta da parati e le Regioni e Comuni interessati carne da cannone. Lo scrivo perché se la vicenda TAV ha preso la piega protestataria con infiltrazioni estremistiche è perché si sono volute calare le decisioni dall’alto. Ma chi manca nelle vicende di questi mesi, perché i problemi che oggi emergono erano ben prevedibili, è l’Unione europea, cui spetterebbe la strategia sugli assi europei e dunque il compito di riunire tutti per avere prospettive certe e scelte pianificate per uscire dai bla bla, compresi i miei. Partendo dal presupposto che le scelte da fare sono complesse e non banalizzabili. I ritardi accumulati nelle decisioni non consentono l’uso della bacchetta magica.