Ci sono due comportamenti che accompagnano la mia vita e chissà se possono essere definiti paranoie, certo nell’uso colloquiale del termine. Ammetto di essermi ormai rassegnato in larga parte alla loro imposizione, ma non del tutto, benché mi consideri spesso perdente. il primo è l’assillo della puntualità, il secondo riguarda certe perdite tempo. Cominciamo dalla puntualità: è una vita che sono puntuale e mi rendo conto che la precisione nel rispetto degli orari finisce per essere una galera. È purtroppo sistematico nella mia vita cercare persino di arrivare persino un attimo prima e di subire poi l’attesa di chi non rispetta i tempi. Credo che il mio sia un riflesso culturale, instillato da mio padre e dal suo uso febbrile del tempo. Più che un veterinario era una pallina da flipper sempre in movimento. Ci ha scherzato Stefano Benni: “La vita del puntuale è un inferno di solitudini immeritate”. E ricordo il nervosismo paterno, controllando maniacalmente l’orologio da polso, quando qualcuno sgarrava. Ci possono essere diverse ragioni per cui alcune persone arrivano sempre in ritardo. Alcune possibili spiegazioni potrebbero includere una gestione inefficace del tempo, una cattiva pianificazione, la mancanza di consapevolezza dell'importanza della puntualità o semplicemente una tendenza personale ad essere disorganizzati. Non vorrei dimenticare i maleducati e i menefreghisti, che prescindono dall’ implacabile incedere delle lancette dell’orologio. Esiste poi, come secondo malessere che poi si incrocia in parte con il primo nelle attese di chi non arriva, e cioè la perdita di tempo, che temo valga uno spazio importante nella vita di ciascuno di noi. Non è naturalmente così nel tempo libero, quando il tempo può scorrere anche in un dolce far niente, che ha i suoi aspetti salutari. Ma nel lavoro trovo insopportabile che si sprechi il tempo. Vado a certe riunioni o a certo convegno dove gli eccessi di parola, la ripetitività, l’ascoltarsi mentre si parla deborda triturando i minuti e non solo quelli. Molte cose possono essere dette in poco tempo. Evoco sempre due lezioni di vita. La prima Gustavo Selva, direttore del GR2 che chiedeva alle Sedi regionali contributi di 1’ per raccontare gli eventi di cronaca. Un obbligo ad essere rapidi ed efficaci in una quindicina di righe. Via i fronzoli e dritti valla notizia. Idem per l’esperienza europea, sia al Parlamento che al Comitato delle Regioni: sempre in 1’ si deve concentrare un pensiero sull’argomento ì discussione e vi assicuro che si può fare. Così devono essere le riunioni di lavoro e soffro quando hai persone che sì dilungano, che cincischiamo, si ripetono, stentano a chiudere i loro interventi. Così i tempi si allungano all’infinito e questo capita anche in certe recenti discussioni in Consiglio regionale, che è certo un parlamento - termine che viene proprio da parlare - ma esistono il buonsenso e l’abisso dello straparlare. Per carità, aveva ragione Elsa Morante a dire della variabilità del tempo, anche quando è lo stesso: “l tempo – che gli uomini tentano di domare con gli orologi, fino a renderlo un automa – è per se stesso di natura vaga, imprevedibile e multiforme, tale che ognuno dei suoi punti può assumere la misura dell’atomo o dell’infinito”. Ma comunque è bene non sprecarlo, come scriveva San Josemaria Escrivà de Balaguer: “Se il tempo fosse soltanto oro…, potresti anche permetterti di perderlo. Ma il tempo è vita, e tu non sai quanta te ne resta”.