Parte l’autonomia differenziata con un testo presentato in Parlamento. Dare corso alle previsioni di una parte nuova del 116 della Costituzione era un atto dovuto, atteso dal lontano 2001, quando ci fu questa innovazione che trasferisce un certo numero di competenze alle Regioni a Statuto ordinario che lo richiedano. Inutile oggi mettersi a scavare nel testo, perché la verità è che è facile prevede tempi molto lunghi e grandi stravolgimenti dell’articolato governativo. Quel che più mi interessa è il clima litigioso che ha accolto una riforma per nulla stravolgente, diventata invece oggetto di polemiche infinite. Ciò mostra come il regionalismo si scontri ancora con un clima centralista in Italia che non ha colore politico e mette assieme un mare di stupidaggini in controtendenza con processi autonomistici ampiamente presenti nelle democrazie occidentali. Un vulnus iniziale in questo iter c’è stato: è del tutto impensabile che la proposta del Governo non sia stata sottoposta previamente nella Stato-Regioni al parere dei Presidenti di Regione e che loro stessi non abbiamo potuto discuterne con i Consigli regionali. Questo fa capire di come i Presidenti ad elezione diretta si muovano come delle specie di monarchi in barba alle proprie assemblee e chi vuole trasferire in Valle d’Aosta questo modello, brandendo l’ingovernabilità, dovrebbe pensare a questo svuotamento della democrazia rappresentativa. Ad alcuni epigoni dell’elezione diretta verrebbe voglia di dire..”dite qualcosa di Sinistra”. Ma, se scavi in certe vite, scopriresti il marchio del giacobinismo e quello è da sempre contro la democrazia, specie quella di prossimità. Inutile contarsi storie sulla riforma: era necessario, specie per la Lega in vista di appuntamenti elettorali, marcare il territorio con una riforma a lungo promessa dai loro Presidenti e spinte persino in Veneto e Lombardia da un referendum popolare. I delicati equilibri nel centro-destra hanno obbligato la premier Meloni - assai scettica sull’autonomia differenziata - a fare di necessità virtù e a dare il suo assenso al passaggio al Consiglio dei Ministri. Ma quel che stupisce è che Presidenti di varia estrazione siano in ebollizione contro il disegno di legge, compreso Stefano Bonaccini, Presidente dell’Emilia-Romagna, candidato alla leadership nel PD, che pure aveva chiesto tempo fa di accedere a quanto previsto dal nuovo 116. Con lui protesta Michele Emiliano, Presidente della Puglia, anche lui piddino e pure il Presidente della Campania dello stesso schieramento, Vincenzo De Luca, che pareva interessato dall’autonomia differenziata e ora spara sulla riforma. Giano bifronte. Il fronte del NO è granitico al Sud anche nel centrodestra. Si parla con enfasi e qualche piagnisteo di un vero e proprio attentato al Mezzogiorno da parte del Nord che spinge per la riforma per impoverire il Sud già tartassato. Si tratta di una rappresentazione sbagliata e grottesca, cavalcata da chi ha fatto della retorica del complotto dei settentrionali una delle chiavi di un vittimismo vecchio stampo, senza mai elementi di autocritica. Penso ai miliardi di fonte europea piovuti nel Sud con esiti miseri di fronte agli investimenti possibili e penso al PNRR sbilanciato largamente al Sud con la curiosità di vedere come queste vagonate di denaro verranno utilizzate e quali pretesti verranno adoperati se, come già si teme, questi investimenti resteranno in parte sulla carta. Ma i Masanielli (Masaniello fu un capopopolo napoletano assurto a simbolo) non mancano mai e aizzano la solita storia del Nord brutto e cattivo sino a rinfocolare sentimenti antisabaudi, accusando di colonialismo chi volle l’Unità d’Italia e facendo dei Borboni i protagonisti rimpianti di un Sud prospero ed efficiente, migliore del Piemonte invasore. Roba da non credere e leggendo certi libri "sudisti” si capisce bene come si cerchi di falsificare la Storia con ridicolaggini tipo i briganti come “partigiani” contro l’annessione…forzata. Ci vuole equilibrio e questo non significa affatto negare una questione meridionale annosa e dannosa anzitutto per le popolazioni, ma personalmente ritengo che l’autonomia differenziata sia una chance per tutti, a condizione che ci si assumano la proprie responsabilità e che chi reagisce stizzito alle novità, oltre a reclamare i legittimi diritti, si dia uno sguardo anche ai propri doveri.