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09 gen 2023

Il criminologo, ricordando Lombroso

di Luciano Caveri

È così invasiva la loro presenza in televisione che non sarebbe da stupirsi se, opportunamente interrogato su che cosa vorrebbe fare da grande, un bambino di oggi rispondesse: “il criminologo!”. In effetti, se vi capita di seguire qualche trasmissione che sguazza nella cronaca nera, troverete - come ospite fisso - un/a criminologo/a, che anche a cadavere ancora caldo ricostruisce con facilità intrecci e moventi di un delitto. Il filone è quello ignobile dei processi in televisione, che - anche a fronte di fatti appena capitati e mentre gli inquirenti sono al lavoro - allestiscono per i telespettatori “giurie” di esperti (più bisticciano fra loro e più fanno audience) che “cotto e mangiato” decidono con sentenze improvvisate i destini dei colpevoli veri e presunti. Si butta via come se nulla fosse qualunque presunzione di innocenza e si due piedi si dispensano condanne o assoluzioni. Roba da far arrabbiare i criminologi seri - e alcuni di loro vanno anche con cognizione di causa in TV! - che si applicano in una scienza in continua evoluzione, che è in grado oggi davvero di aiutare nei casi più diversi ad avanzare con le indagini. E roba da far impallidire uno dei papà della criminologia, che ha vissuto una vita - pur prendendo strade dimostratesi sbagliate - a suon di ricerca scientifica. Mi riferisco a Cesare Lombroso, che è possibile incontrare a Torino nel museo a lui dedicato, che ho di recente visitato spinto dalla curiosità. Lui (1835-1909), medico, antropologo, filosofo, giurista e appunto criminologo italiano lo incontri, come dicevo, di persona poco dopo l’ingresso. A dire il vero è il suo scheletro, visibile dietro un vetro in entrambi i lati. Fu lui a dare questa disposizione di donare il suo corpo alla scienza. D’altra parte era del mestiere e da lì in poi, nelle altre sale, non manca quel materiale su cui lavorò, in particolare numerosissimi crani e le apparecchiature con cui li misurava per dare concretezza alle sue teorie sui criminali, oltre a foto, disegni e oggetti vari corpi del reato. Nell’ultima sala, dove si ricostruisce il suo studio, una voce narrante racconta con Lombroso in prima persona la sua vita con garbo e modestia e questo, anche se le sue principali teorie sono risultate senza condanne, dimostra la sua personalità di studioso. Per chi non lo conoscesse come riassumere le sue teorie? Ho trovato uno scritto assai interessante e colto dell’avvocato Mario Pavone su Diritto.net, che anzitutto nobilita la criminologia: ”La criminologia appare oggi come una scienza complessa in quanto è sia teorica (attività speculativa, sistematica e controllabile) che pratica, in quanto tesa a limitare i danni sociali del crimine. Essa include le scienze criminali che studiano i fatti delittuosi dai vari punti di vista (la vittimologia, la politica criminale, il diritto penale, il diritto penitenziario, la psicologia giudiziaria e giuridica, la criminalistica) ed integra molte scienze umane nella propria attività (sociologia, medicina e in specie la psichiatria, pedagogia, psicologia, statistica, ecc.)”. Dopo un’accurata ricostruzione storica, l’autore di occupa delle scienze ”applicate nello studio dei volti dei criminali vivi o morti in un tentativo di spiegare l’inclinazione al crimine attraverso la lettura di caratteristiche somatiche ataviche” e ovviamente di Lombroso: ”La sublimazione della fisiognomica allo studio della criminalità avvenne, tuttavia, d opera di Cesare Lombroso. Nella sua opera principale, “L’Uomo Delinquente”, Lombroso distinse diversi tipi di criminali: il delinquente nato, nel quale si assommano le ricordate anomalie regressive e per il quale la criminalità è insita nella propria natura, e che è considerato soggetto non recuperabile, da sopprimere o da rinchiudere, in nome del diritto della difesa della società che in questi casi si sostituisce al diritto di punizione.
La quintessenza di questa teoria, quale egli la ha esposta e modificata, è che una certa percentuale di criminali, dal 35 al 40% sono nati con disposizioni criminali e che in essi si possono constatare caratteristiche anatomiche e fisiologiche particolari”. Ricostruzioni smentite nei decenni successivi, ma Pavone sottolinea più avanti: ”Il Lombroso usò proprio la fisiognomica, scienza antica che aveva sempre nutrito l’arte ed il mito, per mettere in rilievo la diversità di chi era stato già dichiarato reo, per catalogare le stigmate della diversità colpevole, per certificare scientificamente le differenze.
La dottrina lombrosiana attualmente è stata relegata allo stato di mito e può essere messa, senza esitazioni, assieme a quelle dei suoi precursori, nell’archivio stesso della criminologia.
E’ oggi facile deridere il Lombroso con il suo “uomo delinquente” degenerato – naso schiacciato, barba rada, cranio deforme – benché lo stesso studioso, negli anni successivi, ridusse progressivamente il ruolo che il “delinquente nato” identificabile in presenza di almeno cinque anomalie fisiche aveva avuto nella sua versione originaria.
La fisiognomica, che ebbe quindi nel Lombroso il suo principale assertore, sembrerebbe anch’essa avere fatto il suo corso.
Nondimeno va ricordato che la scuola di criminologia che ebbe origine dalla dottrina del Lombroso, prese il nome di Scuola Positiva, per dare importanza alla propria adesione ai metodi sperimentale ed induttivo, quali quelli utilizzati nelle scienze naturali e sociali, contro quelli del ragionamento giuridico e deduttivo”. Insomma, certi semi hanno comunque fruttato una progressiva crescita della criminologia ed è interessante, come ricorda l’autore, che certe tracce restino ancora nel settore penitenziario. Così osserva Pavone: ”Come ogni indagine scientifica, anche l’indagine criminologica è soggetta al circolo di teoria ed empiria, per cui le teorie vanno dimostrate empiricamente e viceversa. Inoltre, essa non può che restare alla superficie di una dimensione scientificamente irraggiungibile, un fondo oscuro dell’Io, je grazie al quale ciascuno è libero e dunque suscettibile di imputazione morale e giuridica. Questo fondo dell’Io è da sempre oggetto e soggetto della ricerca filosofica”. E la genetica chissà quali strade aprirà e Lombroso, che studiò con vivida curiosità darwinismo, spiritismo, psicoanalisi, ne sarebbe interessatissimo.