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22 dic 2022

Il rito del dono

di Luciano Caveri

L’umanità non butta via niente. Tutto torna, adeguandosi ai tempi. Questo vale per quelli che oggi chiamiamo in senso generico “regali di Natale” e a cui in questo periodo ci si applica per non sfigurare e che, al contrario, si attendono in dono nella speranza che quel che arriva ci piaccia. In sintesi: si cominciò dai Saturnali degli antichi Romani per arrivare a Babbo Natale, passando per i doni che i Magi portarono a Gesù. I Saturnali - a loro vita di certo legati a culti precedenti - cadevano proprio nella seconda metà di dicembre, precisamente dal 17 al 24 (come venne stabilito in età imperiale). A quel tempo, nel tempio del dio si celebrava Saturno e la ricorrenza della cosiddetta “età dell’oro”. Era una settimana di festeggiamenti in grande stile, che coinvolgeva tutta la popolazione, compresi gli schiavi, che potevano comportarsi da uomini liberi solo per qualche giorno. Non si lavorava, non c’erano lotte o guerre, tutto era fermo e in festa. I banchetti si susseguivano ed era incessante anche lo scambio di piccoli doni, chiamati appunto strenne (da cui il Treinadan! beneaugurale dei valdostani a inizio anno). Gli antichi romani in quei giorni di festa, decoravano case e alberi con simboli colorati. L’avvento del cristianesimo portò ad una trasformazione delle usanze pagane e talvolta ad una loro trasfigurazione. I giorni di festa rimasero, ma il loro significato fu rivisitato, così come i riferimenti culturali. I giorni dei Saturnali divennero quelli in cui si scelse di celebrare il Natale, il Capodanno e l’Epifania. E i regali? Diventarono il simbolo di un episodio narrato nel Vangelo, cioè l’arrivo dei Re Magi per onorare il neonato Gesù nato a Betlemme. Furono loro, secondo il racconto evangelico, a portare al bambinello oro, incenso e mirra. L’identificazione tra i Magi e i doni spiega anche perché, nei paesi di forte tradizione cattolica, anche fino a qualche decennio fa, la notte magica in cui si scambiano i doni non era quella del Natale ma quella dell’Epifania, il 6 Gennaio. Ma oggi sono rari quelli che scrivono al Bambin Gesù, come facevo io da piccolo. Le figure dei Magi si sono intrecciate con quella del vescovo San Nicola, vissuto nel IV secolo, a sua volta trasformatosi nel tempo e su spinta commerciale in quello che oggi è conosciuto come Santa Claus, cioè Babbo Natale. San Nicola ha dunque perso la sua connotazione religiosa per affermarsi anche nei paesi non cattolici, come un uomo anziano con una folta barba bianca, vestito di rosso e molto generoso, che vive in Lapponia. Viaggia per il pianeta a bordo di una slitta trainata da renne, per continuare ad alimentare la magia del Natale e soprattutto a costruire e consegnare regali, chiesti dai bimbi con apposita letterina, almeno sin che ci credono… Ma le radici del sono sono ben più antiche. Marcel Mauss, antropologo francese è stato autore del celebre "Saggio sul dono", libro diventato celebre e vera pietra miliare della antropologia culturale. In questo saggio Mauss descrive la socialità del dono nelle società arcaiche e primitive. Tre le caratteristiche fondamentali del dono: "dare, ricevere, ricambiare" e mostra come i tre fondamenti del dono fossero essenzialmente obbligatori all'interno delle comunità primitive da lui studiate. Si deve "dare" per mostrare la propria potenza, la propria ricchezza; si è nell'obbligo di "ricevere", cioè non si può rifiutare il dono, pena la scomunica della comunità ed il disonore; si deve "ricambiare", cioè restituire alla pari o accrescendo ciò che si è ricevuto: restituire meno di ciò che si è ricevuto è un'offesa al donatore. Nel "Saggio sul dono" si mostra quindi come gli individui delle società arcaiche fossero obbligati a donare. Il dono non è quindi pratica libera, è un obbligo sociale, è un vincolo comunitario, non è liberalità del singolo, non è disinteresse. L'obbligo al dono è indotto innanzitutto da vincoli comunitari e di onore. Chi non partecipa al rito del dono e chi non è nella capacità di reperire e possedere oggetti da immettere nel circolo del dono è soggetto all’esclusione dal gruppo.
Certi automatismi, consci o inconsci, pesano da allora sui nostri comportamenti e restiamo fedeli a certi riti in una lunga catena dalla notte dei millenni.