Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
23 ott 2022

Dalla cuccia allo Spleen

di Luciano Caveri

”Era una notte buia e tempestosa”: è questa la frase con cui Snoopy, il cane punta di diamante fra i Peanuts, inizia le sue storie, scrivendo sulla sua macchina da scrivere, posizionato sul tetto della sua proverbiale cuccia. Frase che in tanti - che ne conoscono l’origine - usiamo con senso scherzoso in diverse occasioni, e lo fa specie chi come me è figlio di Linus, la rivista di fumetti dove comparivano un tempo le strisce divertenti, ironiche e spesso sagge di Charles M. Schulz. Un’eredità che resta solida pure dopo la sua scomparsa.a dimostrazione che i fumetti sono stati un passaggio importante è che per ora tiene botta. Ci pensavo rispetto a questi anni difficili e alla terribile difficoltà di mantenere una certa leggerezza di fronte ai momenti che stiamo vivendo e che ci obbligano a tenere a bada i nostri umori. C’è questa parola - che assomiglia in qualche modo all’incipit un po’ gotico del celebre bracchetto di Linus - che è da prendere, invece, molto molto sul serio. È “spleen”, che sarebbe atteggiamento sentimentale malinconico. È un termine inglese che viene dall’antico francese “esplen” a sua volta di origine germanica si derivazione neolatina, che sarebbe niente altro che la milza. Si tratta dell’estensione metaforica, che si fonda sulla teoria degli umori, elaborata dalla medicina antica, che attribuisce alla milza la produzione di umor nero e il termine ha incontrato favore nella letteratura romantica. Ad essere precisi si tratta del romanticismo oscuro, cui potremmo dire appartenga l’incipit di Snoopy. La più significativa espressione, ma già in chiave trasgressiva, è la poesia “Spleen” di Charles Baudelaire, che si trova nella prima parte de Les Fleurs du mal, descrivendo uno stato d’animo malinconico e insofferente Ne ricordo i versi iniziali: Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle Sur l’esprit gémissant en proie aux longs ennuis, Et que de l’horizon embrassant tout le cercle Il nous verse un jour noir plus triste que les nuits Baudelaire visse fra il 1821 e il 1867 e - pare che il creatore di Snoopy non lo sapesse - “Era una notte buia e tempestosa” - dice il sito illibraio - fu usato per la prima volta nel 1830, quando il drammaturgo e politico britannico Edward George Earle Bulwer-Lytton (1803-1873) dava alle stampe il romanzo Paul Clifford, che si apriva proprio con la frase “It was a dark and stormy night”. E ancor prima di lui, nel 1807, una locuzione era apparsa nell’opera satirica A history of New York di Washington Irving (1783-1859): Insomma: padri nobili, che il nostro Snoopy non aveva letto e neppure il suo fido Woostock che avrebbe potuto consigliarlo. Esiste, insomma, questa idea del dark che, nella capacità umana di scherzare sul triste e persino sul macabro, si rovescia in divertimento. Halloween incombe e fa ridere chi dice “non è una nostra tradizione” o chi, peggio ancora, sostiene “un attentato paganeggiante alla religione”. Le tradizioni vanno e vengono nella contaminazione culturale e anche - seconda osservazione - nel nostro cristianesimo si mischiano immagini terribili di dolore e di sangue che sono la premessa alla gioia dell’”andate in pace”, che invita al sorriso e all’abbraccio di una comunità.