Questo ottobre appare per ora solare come per mascherare le reali intenzioni dell’autunno, che resta - e non bisogna farsi distrarre - il periodo in cui la Natura si ritira e il buio ruba il posto alla luce. Per cui è normale, ma vagamente ingannevole, che venga traslato ovunque quel termine “ottobrate romane”, che ricordano quel tempo magnifico a Roma di cui ho goduto negli anni in cui sono stato al lavoro nella Capitale. Questo sole che resta lo ricorda il poeta Vincenzo Cardarelli in suoi versi: “Sole d’autunno inatteso, che splendi come in un di là, con tenera perdizione e vagabonda felicità, tu ci trovi fiaccati, vòlti al peggio e la morte nell’anima” Oppure, nel solco della francofonia, si può adoperare quel ”été indien” o “des Indiens”, le cui origini sono così spiegate da "Linternaute": «L'expression "été indien", utilisée pour la première fois en 1778 par l'écrivain franco-américain Hector St-John de Crevecœur, nous vient du Canada, ancien territoire occupé par les Indiens. Cette locution fait référence à la période automnale offrant un temps relativement ensoleillé, des températures radoucies et surtout une nature aux couleurs magnifiques». Il poeta Jean Louis Ancelot così scrive: “Douces les nuits, belles journées, Parmi les plus ensoleillées. Le temps semble un peu s’arrêter. Octobre vient de commencer. Une saison pour âmes fortes, Face à l’hiver qui nous apporte, Ses longues nuits noires et glacées. Le soir s’entend, du cerf, le brame, L’été indien repose l’âme, De ses parfums tranquillité...”. Ma come non dedicarsi di questi tempi al "Fall Foliage" e cioè il godimento della vista dei boschi attraverso le chiome dei diversi colori degli alberi d'autunno, quando le foglie si apprestano a cadere. Un fenomeno sociale e turistico in Canada e in vaste zone degli Stati Uniti, esportato in Europa e anche da valorizzare in Valle d’Aosta, dove si usa anche il francesismo "feuillage" che ricorda l’autunno splendido del Québec, termine ormai tradotto in Italia nel meno musicale “fogliame”. Trovo che sia una bella attività e lo diceva il grande scrittore di montagna Mario Rigoni Stern: «Quando sarete capaci di osservare diligentemente i mutamenti che persino le più umili tra le piante subiscono, scoprirete che ognuna di esse assume, prima o poi, la sua peculiare livrea autunnale; e se v'impegnerete a stilare una lista completa delle tinte smaglianti di cui sono in grado di rivestirsi, sarà lunga quasi quanto un catalogo delle piante che crescono intorno a voi». Con l'unica evidente variante di essere sempre una visione effimera, che poi si scolora sino a scomparire ai nostri occhi con le foglie a terra. Viene in mente quella poesia, nei suoi ultimi versi, di Guillaume Apollinaire: « Et que j’aime ô saison que j’aime tes rumeurs Les fruits tombant sans qu’on les cueille Le vent et la forêt qui pleurent Toutes leurs larmes en automne feuille à feuille Les feuilles Qu’on foule Un train Qui roule La vie S’écoule » L’autunno - scusate la banalità - come metafora della vita.