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13 ago 2022

Lassù sullo Zerbion

di Luciano Caveri

Confesso di aver avuto la fortuna di leggere in anteprima per antica amicizia la ricerca di Pier Giorgio Crétier, da sempre studioso appassionato della storia di Saint-Vincent, dedicata in un recente libro alla Madonna dello Zerbion. Un esempio di quel culto mariano che mi ha sempre incuriosito per la necessità che ebbe il cristianesimo delle origini di concepire, come in gran parte delle religioni preesistenti, una forte figura religiosa al femminile. La vedo questa statua svettante dal balcone di casa mia e naturalmente ho già raggiunto a piedi dai diversi itinerari possibili questa vetta suggestiva. Garantisco di come da lassù si goda di un panorama particolare ad ampio raggio, che ripaga dagli sforzi della salita. Come dicevo, svetta la statua della Vergine su questo nostro Zerbiòn (questo l’accento giusto!), la montagna di 2772 metri, spartiacque imponente e colorato tra la Valle centrale, la Valtournenche e la Val d’Ayas. Come molte altre cime dai diversi fondovalle acquista specifiche e cangianti personalità. Una premessa, tuttavia, è d’obbligo: le montagne - l’ho visto ancora di recente in visita in un Paese asiatico - sono simboli di fede e lassù vivono le divinità e in gran parte delle religioni esiste un culto legato a questa verticalità che ci avvicina al cielo. Sulle Alpi, come in altre catene montuose a seconda dei diversi culti, si pizzano segni di devozione e di spiritualità. Viene in mente l’enciclica del 2015 sull’Ambiente di Papa Bergoglio in cui cita san Giovanni della Croce, nato nella Vecchiaia Castiglia spagnola.
Collaboratore di santa Teresa d'Avila nella fondazione dei Carmelitani Scalzi, Dottore della Chiesa, universalmente riconosciuto come mistico per eccellenza.
Eccola: "Le montagne hanno delle cime, sono alte, imponenti, belle, graziose, fiorite e odorose. Come quelle montagne è l'Amato per me. Le valli solitarie sono quiete, amene, fresche, ombrose, ricche di dolci acque. Per la varietà dei loro alberi e per il soave canto degli uccelli ricreano e dilettano grandemente il senso e nella loro solitudine e nel loro silenzio offrono refrigerio e riposo: queste valli è il mio Amato per me". Ma torniamo alla storia avvincente sulla statua grazie ai documenti e alla buona penna di Crétier. La statua nasce come promessa fatta a protezione degli Alpini di Saint-Vincent impegnati nella Grande Guerra, una sorta di grande ex voto, anche se ben 43 giovani del paese persero comunque la vita nel conflitto in montagne distanti di casa. In anni in cui - paradosso rispetto alla brutalità della Prima guerra mondiale - il termalismo era fiorente nella cittadina ai piedi dello Zerbion con una mondanità probabilmente mai più avuta in altri tempi. Concepita dall’artista piemontese Leonardo Bistolfi, la statua di 7 metri si eleva sino a 14 con il piedistallo. La costruzione- e il libro ne dà conto - ebbe tutte le sue traversie “burocratiche”, mentre si risolveva la questione tutt’altro che secondaria del reperimento dei fondi con la complicazione del fallimento del Crédit Valdôtain dove giacevano i fondi. Crétier aggiunge nei diversi capitoli accurate ricostruzione di che cosa avvenne negli anni che intercorsero fra il primo dopoguerra e la fatidica erezione, infine, della statua a nel 1932 e dunque novant’anni fa con soddisfazione e tripudio in piena epoca fascista e dunque con tutta la retorica del Regime. Altre curiosità e molti aneddoti accompagnato la lettura con un interessante apparato iconografico, che conferma per l’ennesima volta l’acume e la precisione di Pigi, cui andrebbe fatto sin da ora un monumento per la sua attività dedicata in modo certosino alla storia locale, altrimenti destinata ad un barbaro oblio. La mancanza di memoria delle terre dove abitiamo e che percorriamo è un autentico delitto e lode a chi si fa carico di non perdere il fil rouge delle comunità.