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27 lug 2022

La montagna che soffre

di Luciano Caveri

La sofferenza della Natura per la mancanza d'acqua e per il caldo opprimente di questa estate, dopo un inverno avaro di precipitazioni e di neve, fa impressione anche nella nostra Valle d'Aosta e ne siamo tutti testimoni ed in molti casi sentinelle. E siamo sempre noi esseri umani, creature pensanti, ad avere la consapevolezza del perché e della complessità di conseguenze e delle ragioni che le cagionano. Comprese le nostre responsabilità per un fenomeno grave di cambiamento climatico, che si aggiunge per nostra mano agli storici e consueti cambiamenti sulla nostra Terra che ci sono sempre stati anche quando l'umanità non ne era colpevole. I negazionisti a questo si appellano, dicendo che così è sempre stato e chiudendo gli occhi su di una realtà che persone della mia età hanno visto dal vivo.

Il nostro territorio alpino è un'area test significativa per la continua accelerazione di fenomeni di cui sappiamo le ragioni dovute purtroppo all'insieme di interventi umani che pesano drammaticamente. Lo dimostrano i ghiacciai in scioglimento, così come la scomparsa del permafrost a causa della colonnina del mercurio in crescita impressionante con situazioni incredibili, come lo zero termico che sale più in alto della vetta del Monte Bianco sino a 5.000 metri. Il bosco è secco a rischio incendi e invade salendo di anno in anno i pascoli d'alpeggio, che quest'anno sono assolati e secchi in molte zone con un luglio che somiglia alla fine dell'estate. Le sorgenti e le falde si consumano e fiumi e invasi soffrono e, se la pioggia non verrà, aumenteranno i problemi per l'acqua potabile. Gli animali "artici" della montagna rischiano grosso, così come una parte della flora alpina, ma in gioco c'è la nostra vita e il rischio di delocalizzazioni di centri abitati se la montagna crolla. A vista d'occhio si vede quanto sta avvenendo. L'altro giorno da Punta Helbronner i paesaggi vicini e distanti erano sconsolanti. Ma lo si vede anche nei fondovalle questa situazione meteorologica così eccezionale che aumenta l'andamento climatico ormai ampiamente studiato e che obbliga a capire cosa fare. Bisogna mantenere vivibile e ospitale la nostra Valle e le nostre valli, capire i rischi per i nostri territori, anzitutto - come dicevo - dei centri abitati piccoli e grandi. L'acqua e la sua preziosità sono da mettere in cima alla priorità. I cambiamenti obbligano a capire come modificare settori essenziali per il nostro sviluppo, come il turismo, l'agricoltura, l'idroelettrico. La scelta di una "Valle d'Aosta Fossil fuel free al 2040" va presa sul serio, perché è un nostro contributo a scelte che i grandi del mondo devono assumere per le responsabilità che sono loro. Ma ognuno, anche nel piccolo, può fare qualcosa senza cadere in ideologismi e drammatizzazioni, che non giovano mai, specie se celano la logica sempre presente della strumentalizzazione politica. Atteggiamento che svuota quello che dev'essere uno sforzo collettivo senza troppe coloriture politiche da parte di tutti quelli che ci stanno. Nel quadro dei cambiamenti globali che sono plurali bisogna aprire sulle Alpi e nelle altre montagne del mondo un focus e già lo chiedemmo come popolazioni di montagna in occasione dell'Anno internazionale delle Montagne 2002 e poi nel corso della Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo sostenibile di Rio de Janeiro 2012. Percorso da riprendere con sempre maggior convinzione, perché dobbiamo salvaguardare le generazioni future.