Nel "Grand Continent" della domenica ci si pone un interrogativo mica da ridere, che riguarda un'espressione che ha accompagnato la vita delle generazioni come la mia, vale a dire "guerra fredda". L'espressione (in inglese "cold war") fu coniata nel 1947 dal giornalista americano Walter Lippmann per descrivere un'ostilità che non sembrava più risolvibile attraverso una guerra frontale tra le due superpotenze, Stati Uniti ed Unione Sovietica, dato il pericolo per la sopravvivenza dell'umanità rappresentato da un eventuale ricorso alle armi nucleari. Per altro oggi sappiamo che qualche rischio che un missile partisse, scatenando l'Apocalisse, c'è pure stato proprio in quegli anni. Albert Einstein, imbattibile nella sintesi, disse allora: «L'uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi».
Così osserva le "Grand Continent" su "guerra fredda". "E' un'espressione che gira e rigira, a volte anche per caso, ed è paradossalmente tornata in auge con l'aggressione russa in Ucraina. Bisogna vederci uno spettro del passato che resuscita ciclicamente nel lungo periodo oppure la definizione di una situazione reale, la formula che descrive il ribilanciamento geopolitico in atto?". Alla domanda così si sostiene: "La risposta è tutto fuorché semplice. Da un lato, alcuni osservatori rifiutano questo concetto, come, per esempio, Louis Gautier, direttore del volume "Mondes en guerres", dedicato alla guerra dal 1945 a oggi. Secondo lui, il concetto di guerra fredda resta circoscritto a un frangente delle relazioni internazionali della seconda metà del XX secolo, senza che il suo peso schiacci e renda invisibili altre dinamiche conflittuali o le riduca a esiti locali del super-scontro Usa-Urss. Sebbene riconosca che l'equilibrio post-guerra fredda, la pax americana fondata sul compromesso liberale, si stia sgretolando, invita non riattivare questa categoria del passato". Tuttavia, bisogna riconoscere che questo è un concetto che seduce. E che è, soprattutto, ripreso dalle grandi potenze, le stesse che potrebbero essere le protagoniste della "nuova guerra fredda". Dopo molti e interessanti ragionamenti si arriva più avanti al dunque, citando il politologo Carlo Galli: "Se una "guerra fredda" è possibile, vuol dire che un conflitto senza combattimenti su scala mondiale si sdoppia in altre forme di confrontazione. Prima di tutto, sostiene Galli, ci si affronta sotto il profilo "tecnico-politico", o anche ecologico-politico. L'immaginario collettivo della guerra fredda, alimentato dalle declinazioni cinematografiche e letterarie, è stato dominato in gran parte dalla paura di una guerra nucleare mondiale. Sebbene questo rischio non sia scomparso, è chiaro oggi che ci sia un'altra posta in gioco: «la nuova guerra fredda non verte più sulla corsa tecnologico-nucleare ma sull'energia, sul controllo delle sue fonti, sulla diversificazione degli approvvigionamenti, sulle strategie di sostituzione del fossile». La dipendenza europea in materia energetica diventa quindi un problema strategico". Temi difficili, analisi complicate, previsioni a rischio azzardo. Quel che resta è la sensazione di insicurezza e una paura nascosta nelle pieghe della speranza. E cioè che ora come allora esista pur sempre un briciolo di buonsenso che eviti la scomparsa dell'Umanità nell'incrociarsi nel cielo delle rotte dei missili nucleari che possono, scaraventandosi a terra, cancellare la vita.