Chissà se ormai anche gli scettici cominceranno a guardare ai segnali sempre più chiari dei cambiamenti climatici in atto, che pure hanno ancora oggi un'impronta spesso più meteorologica che altro. Un'emergenza comunque già presente e in peggioramento da affrontare in futuro con razionalità e senza catastrofismo. Ma ormai risulta insopportabile, ancor più di chi drammatizza eccessivamente, la pletora di negazionisti, che se la cavano con l'evidente banalità che prima e pure dopo l'avvento dell'uomo il clima è cambiato in modo clamoroso da un'era all'altra. Appare invece evidente di come la novità sia che ai tempi lunghi si sia sostituita la rapidità degli eventi, che ci sta cambiando la terra sotto i piedi e ce ne accorgiamo benissimo. Di sicuro ci sono stati nei secoli passati - ragiono su questa scala perché abbiamo i rilevamenti scientifici - inverni senza neve, periodi siccitosi, ghiacciai in discesa e in ritiro, temperature bizzarre per le stagioni e altro ancora. Questa volta assistiamo a concentrati che fanno impressione.
Ci pensavo in queste ore, guardando alle piogge torrenziali spuntate in poco tempo con grandine tambureggiante. Fenomeni del genere li avevo visti solo in zone equatoriali. Stessa a guardare i fronti glaciali che si assottigliano a vista d'occhio e dove mi capitò, ad esempio sul Monte Rosa, di salire con ramponi e piccozza si vede ormai solo una grigia e depressiva pietraia. I boschi sono ormai impazziti e scendono in basso, ma ovviamente anche in alto, occupando il pascolo. Specie vegetali allogene, spesso invasiva se non pericolose, spuntano in zone non sono mai viste. L'abbandono di troppi villaggi e il venir meno delle colture si accompagna al dramma che si farà sempre più evidente dell'abbandono di quella regimazione delle acque, che è sempre stato nelle mani esperte dei montanari. Non impazzisce solo la natura, anche per mano dell'uomo, ma viene proprio meno - per ragioni economiche e sociali - quella guardiania e tutela del territorio senza la quale non esiste una pecie di "Eden", che finalmente si è liberato di Adamo ed Eva, perché la natura lasciata a sé stessa non è un paradiso ma un inferno. Questa è un'emergenza forte e difficile, cui bisognerebbe applicare come non mai il principio della sussidiarietà, partendo dalla responsabilità personale nei comportamenti e nelle scelte, allargandosi a mano a mano alle famiglie, ai paesi, alle Regione e poi ancora più in su agli Stati e all'intero globo terracqueo. Troppo comodo pensare che sia solo una responsabilità pubblica e governativa, considerata come una specie di entità astratta da cui ogni singolo cittadino possa chiamarsi fuori, perché spetta sempre a qualcun altro nella scala delle responsabilità. Eppure sono cadute in crisi Istituzioni alpine assai interessanti, come le Consorterie (altrove chiamate in altro modo), cioè gestioni collettive del suolo e delle risorse nel mondo alpino e fa piacere che una legge nuova, per tutelarle e farle risorgere, sia approdata in Consiglio Valle con soddisfazioni di chi, anche alla Camera dei deputati, difese queste antiche istituzioni oggi in crisi. Per reagire ai colpi del riscaldamento globale con le temperature che salgono minacciose bisogna agire con scienza e coscienza, ma guardando anche alle forme di saggezza e di governo del territorio del passato.