Ho trovato singolare che la "Fondazione Courmayeur" - nata tanti anni fa per cementare un'alleanza fra turisti-villeggianti illustri e noi valdostani - abbia organizzato un grande convegno sul cambiamento climatico (se ho ben capito finanziato anche da "CVA"), dimenticandosi di fatto i politici. Una linea perseguita ormai da anni nei loro incontri, scegliendo un approccio - come dire? - "scientifico", che immagino derivi da una scelta di neutralità della Fondazione nei confronti della politica. Spero che l'indirizzo prescelto non rimarchi una scarsa considerazione da parte di chi decide gli ospiti, evitando di avere rappresentanti della classe politica valdostana, che parrebbe essere considerata buona per pronunciare nulla più di un breve indirizzo di saluto e non certo per esprimersi nel vivo delle cose, malgrado le responsabilità che gravano.
Peccato che questo ritenuto "volare alto" abbia dimenticato in modo crescente il ruolo dei decisori, che con buona pace di tutti restano in una democrazia gli eletti, certo sulla base di analisi e proposte degli esperti, che non sono però coloro che devono effettuare le difficili scelte decisive in mano alla politica. Ma se si sceglie di farne a meno di questi politici forse considerati "scarsi" in discussioni essenziali, allora siamo a rischio di un'incomprensione dei ruoli, che porterebbe allo svuotamento di quella alleanza cementata agli albori fra chi ama la Valle e chi la governa. Il tema trattato, invece, si aggiunge a riflessioni che da anni in Valle d'Aosta si fanno e molti di noi in politica ne conoscono bene gli aspetti incidenti in modo drammatico sul futuro della nostra piccola Regione alpina. Se un messaggio utile deriva dai crescenti allarmi è che bisogna dedicarsi di più ad un coordinamento dell'intrico di problemi derivanti. Certo sarebbe velleitario pensare che un problema globale sia tutta nelle mani di una realtà piccola come la nostra. L'aumento delle temperature che fanno soffrire il nostro territorio e lo cambieranno in profondità con le ricadute economiche, sociali e persino culturali deriva da scelte mondiali ancora insufficienti. Ma questo non significa affatto non proseguire politiche locali rispetto a diversi settori per contrastare quanto deriva dal cambiamento climatico e i suoi impatti in settori chiave come la tutela del territorio, l'approvvigionamento delle acque, i rischi per la popolazione, le modifiche nel settore turistico, le scelte energetiche e molto altro. E' davvero un caso di scuola delle responsabilità enormi che gravano sulle scelte o sulle non scelte che le generazioni attuali faranno per il futuro in termini molto concreti e sapendo che a questo quadro climatico si somma l'impoverimento umano in Valle d'Aosta per un epocale crollo delle nascite. Quindi, al di là della convegnistica che rischia pure di essere stucchevole se scissa dalle azioni politiche da perseguire (perché non è che si sia all'anno zero!), bisogna davvero pensare ad una struttura operativa - che sia connessa alla macroregione alpina per azioni concertate - che definisca un piano straordinario per evitare una visione parcellizzata a compartimenti stagni attorno al cambiamento climatico come risposta alle molte sfide annesse e connesse che incombono.