Capita per chi faccia politica in Valle d'Aosta di essere avvicinati di questi tempi da persone assai diverse le une dalle altre, ma l'approccio risulta grossomodo il medesimo: «Allora?». Basta poco per capire il senso della domanda. Ci si riferisce alla conclusione delle trattative in corso fra le forze politiche in Valle per uscire dalla debolezza attuale di una maggioranza regionale scesa a soli 18 consiglieri su 35. Basta un mal di pancia di un consigliere per "andare sotto" in una votazione ed il voto segreto può essere il rifugio di qualche insoddisfatto "franco tiratore", categoria che approfitta legittimamente di momenti di segretezza, ma non sempre per nobili motivi... Situazione borderline non accettabile, perché si rischia il giorno per giorno, se non si ha la serenità di una Legislatura davanti per affrontare i problemi. Ed il fattore tempo non è mai secondario.
Sono ormai mesi che i valdostani guardano al palazzo della Regione per capire la situazione e su informano su quali saranno gli esiti di incontri vari, spesso conditi da gustosi "dietro le quinte" di chi ne scrive, non sempre dicendo la verità in una logica suggestiva da storytelling che non agevola le soluzioni. Il tema comunque resta la solidità di una maggioranza, qualunque essa sia ed è argomento divisivo tra chi sceglierebbe "A" e chi sceglierebbe "B". Ne approfitta intanto chi pensa che l'elezione diretta del presidente della Regione sia risolutiva in una logica che suona come «voglio, posso, comando», frutto di forze politiche assai diverse e la presenza di alcuni a sostegno del presidenzialismo stupisce. Ma è bene farsene una ragione: in politica esistono dei trasformisti che attraversano lo scacchiere politico con la stessa agilità con cui Tarzan si sposta nella giungla di liana in liana. Contano purtroppo sulla memoria cortissima da parte dell'elettorato e spesso sono ispirati da rodati maîtres à penser. «Allora?». Già, tocca tornare al punto. E il punto è che, nel contingente, va cercata una soluzione ragionevole, sapendo che non viviamo - come pensano alcuni a cui non va mai bene nulla - nel migliore dei mondi possibili. E stare fermi significa paralisi e non porta bene. Viene in mente Jean Buridan (1300-1358 ca.) filosofo francese, rettore dell'Università di Parigi, che si inventò un leggendario asino, il quale di fronte a due secchi, uno di acqua e uno di avena, posti alla stessa distanza da sé, rimase immobile senza scegliere tra nessuno dei due, proprio perché li avrebbe voluti entrambi, ma non seppe decidere e alla fine morì di stenti. Triste fine. Anche in politica l'attendismo non sempre scioglie i nodi, anzi in certi casi tutto si fa più difficile. Anche se in verità in politica ci sono asini che non si fanno scrupolo di bere e di mangiare, muovendosi rapidamente da una posizione ad un'altra. Ma appare sulla scena un problema più importante e che segnalo da sempre. Se si deve ragionare - e lo spazio sulla forma di governo così come sulla legge elettorale è assai vasto per il legislatore regionale - sarebbe bene farlo molto più in generale sullo Statuto e sul rischio crescente di una sua obsolescenza. Specie se andrà avanti quella Autonomia differenziata, di cui al 116 in vigore nella parte a favore delle Regioni Ordinarie, che rischierebbe di essere più avanti in certe materie anche rispetto alle Autonomie Speciali come la nostra.