Non ho mai scritto di Giorgia Meloni, ma è bene seguire i suoi destini, visto che il suo partito personalista - Fratelli d'Italia - svetta al vertice dei sondaggi in vista delle prossime elezioni politiche. Frutto di un lungo cammino, di scelte abili e di una certa fortuna che sinora l'ha assistita. Quando entrò nel 2006 a Montecitorio, sotto l'ala protettiva di Gianfranco Fini che le consentì di diventare subito vice presidente della Camera, io ero già via e dunque non ho avuto modo di conoscerla personalmente. Anche nei miei impegni successivi non l'ho mai incontrata e perciò non ho nulla da raccontare che non derivi da quanto ho seguito della sua carriera in crescita attraverso l'informazione.
La sua creatura, Fratelli d'Italia, non è un partito conservatore, ma un partito di estrema destra, che ha raccolto al suo interno cascami nostalgici di chiaro stampo fascista. I tentativi di renderlo presentabile sono evidenti. La logica è quella di nascondere il volto feroce e estremistico per raccogliere voti in area moderata. Chiunque avesse un minimo di nozioni storiche e elementari nozioni democratiche dovrebbe rifuggire dalle sirene della Meloni. Invece questa politica, cresciuta nel quartiere popolare della Garbatella e ricorre spesso al vernacolo per essere popolare o popolana, ha capacità di trasformismo che gli vanno riconosciute, parlando alla "pancia" dell'Italia. Per chiarezza ricordo che la Meloni ha fatto tutto il suo percorso prima aderendo al Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale, per poi passare ad Alleanza Nazionale sempre alla ricerca di camuffare le origini vere e proprie. Il fatto che oggi addirittura la si immagini presidente del Consiglio dopo le prossime elezioni politiche - e sarebbe la prima donna a farlo - dimostra non solo la legittima ambizione, ma anche la capacità frutto di un uso del marketing politico, ma anche della capacità di caricare le sue truppe. Immagina certo di poter in qualche modo portarsi via una parte delle elettorato del post-Berlusconi, ma non sarà semplice per lei tenere a freno il suo estremismo sottopelle. La verità, al di là di tutto, è la straordinaria capacità degli italiani di innamorarsi anche di personaggi dubbi. Il caso di Benito Mussolini, evocato da parecchi in Fratelli d'Italia, è assolutamente emblematico. Indro Montanelli, assai critico su Silvio Berlusconi e la sua discesa in campo, disse: «In Italia a fare la dittatura non è tanto il dittatore, quanto la paura degli italiani e una certa smania di avere un padrone da servire. Lo diceva Mussolini: "Come si fa a non diventare padroni di un paese di servitori?"». La stessa popolarità ora svanita di Giuseppe Conte, scelto come premier da Beppe Grillo (altro "pifferaio magico" spuntato all'improvviso), è assai significativa di certi innamoramenti "mordi e fuggi". Credo che altre rotture del feeling con l'elettorato li vedremo alle Politiche fra un anno. Anche in Valle d'Aosta si potrebbero casi di scuola di mitizzazione di personalità, che poi si è scoperto nel tempo non essere così straordinarie, se non persino dannose. Ora in Italia par essere il turno della Meloni. Meglio allacciarsi le cinture di sicurezza, anche se credo che attorno a lei - anche in caso di successo elettorale - non è detto che sia facile creare delle alleanze con potrebbe scattare facilmente una conventio ad escludendum.