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02 mag 2022

Il mix fra fatti e commenti

di Luciano Caveri

Sono così stupido da aver pensato per anni, prima che la politica mi offrisse una seconda identità (ed il "vestito" del politico ormai da tempo non è per nulla comodo), che il giornalista - mestiere che avevo scelto per passione - avesse il compito principale di dare le notizie. So bene che anche nel ricostruire la dinamica di un banale incidente stradale si può dare un taglio o un altro e dunque la neutralità dura e pura è un elemento astratto. Quando mi capitava di scegliere i titoli del telegiornale, già solo la sequenza proposta soggettivamente, ancora prima dell'argomento riassunto in pillole, era una decisione in qualche modo arbitraria. Diverso è l'andazzo crescente, non ritrovabile in altri Paesi dove il giornalismo si sforza di rimanere quel che era, ormai in voga in Italia e anche da noi in Valle d'Aosta. Sono molti a mischiare senza scrupoli notizie e giudizio personale senza distinzione fra le cose.

Come se fosse compito del giornalista "pilotare" anche la notizia più anodina non attraverso la portata della propria professionalità e del proprio stile, ma con un opprimente e martellante intento moralistico con giudizi soggettivi non ben distinguibili dalla notizia stessa. Questa idea del giornalista cavaliere bianco in servizio permanente che finisce, specie quando si scrive di politica ma anche sulla fuga di un toro dal macello, per trasformarlo in un militante di una sua causa personale. Quanto legittimamente deve poter fare qualunque giornalista negli spazi appositi dei commenti, ma non frullando notizia e commento come se nulla fosse e come se fosse sempre un opinionista (e quelli ci sono in spazi ben distinguibili). Per mestiere bisogna anzitutto raccontare i fatti nel modo, come dicevo prima nel limite del possibile, più equilibrato e rispondente alla realtà, che è quella che più interessa chi legge, vede o ascolta per formarsi una sua opinione. E poi va benissimo che ci sia il commentatore ben distinguibile e competente, cosa che - scusate la digressione - non avviene in gran parte di quei programmi televisivi contenitore un po' spettacolo un po' talk-show. Intendiamoci: non sono Alice nel Paese delle Meraviglie. Ci sono giornali e giornalisti che militano in testate appunto "militanti" e come tali in servizio permanente per una causa. Spiace, quando le testate si piccano, in barba ai propri editori che non sono sempre benefattori, di essere indipendenti e noi stessi giornalisti sbandieriamo spesso le nostre libertà non sempre applicandole. Sarà anche per questi andazzi vari che alla fine la professione giornalistica di sta "proletarizzando" con contratti miseri e perdita di credibilità con mille altri che fanno i giornalisti senza tessera, oltre che di lettori che ormai vagano alla ricerca di spesso improbabili notizie gratis sul Web piuttosto di quelle a pagamento. Non lo so, ma mi pare che non ci si preoccupi molto della questione dello svilimento progressivo e del ruolo dei "social", reso ancora più evidente dalla cifra folle con con Elon Musk ha comperato "Twitter" e non per mecenatismo. Tutto cambia e dunque è inutile indulgere in nostalgie e questo vale anche per la professione giornalistica su cui si rischia di discutere in maniera più convegnistica che concreta. L'Ordine dei giornalisti, lo scrivo con rispetto, ha fatto il suo tempo, anche se non ne ho mai negato il ruolo, ma è chiara la situazione stagnante che sta lentamente svilendo un lavoro un tempo considerato nobile.