Vladimir Putin è riuscito nella mirabile impresa di essere nell'elenco dei dittatori e finirà probabilmente morto ammazzato com'è avvenuto per molti fra di loro. Nell'antica Roma, il "dittatore" (dal latino "dictator -oris", da "dictare, dettare") era un magistrato straordinario che, in situazioni di particolare gravità, era investito di pieni poteri civili e militari, rimanendo in carica sei mesi. Ormai, invece, il termine designa chi è a capo di un regime autoritario e governa in modo dispotico e intransigente, senza ammettere critiche, opposizioni o ingerenze di alcun genere. E questa è descrizione persin buonista. Charlie Chaplin nel suo celebre film, "Il grande dittatore", fece nel 1940 una feroce del nazismo, avendo l'evidente riferimento con Adolf Hitler ed il nazismo con i misfatti contemporanei al film.
In un passaggio diceva: «Non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa gente senza un'anima, uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, voi non siete bestie: siete uomini!». Parole perfette da riferire ai russi che si digeriscono, almeno per ora, Putin e i suoi oligarchi (stavo per scrivere "gerarchi"). Aggiungerei a questo proposito la sentenza tombale della grande Hannah Arendt: «Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l'individuo per il quale la distinzione tra realtà e finzione, tra vero e falso, non esiste più». Il caso Ucraina è rappresentativo di come, addirittura oscurando o manipolando l'informazione, Putin rappresenti alla propria opinione pubblica l'invasione violenta come «un'operazione speciale» buona, legittima e necessaria. Nulla di nuovo, in fondo. Se si leggono i libri su Benito Mussolini di Antonio Scurati (aspettiamo l'ultimo!) si resta stupiti dei casi che si incrociano e portano un uomo in fondo pieno di mediocrità e persino borderline ad affermarsi come "duce" con dittatura liberticida annessa e guerra terribile con alleanza coi nazisti. Ma altri emergono dalla Storia contemporanea, per limitarsi a questa, e la strada totalitaria è condivisa - ciascuno con proprie caratteristiche - da personalità terribili come il feroce Iosif Stalin, il terribile Mao Zedong, o la genia che imprigiona la Corea del Nord, prima Kim Il-sung, poi Kim Jong-il ed infine Kim Jong-un in un crescendo inquietante. Ma la varietà delle figure emerse nel tempo fa impressione: Francisco Franco che ha imprigionato per decenni ed ancora nel dopoguerra la Spagna, il romeno Nicolae Ceaușescu finito malissimo ed attonito negli ultimi momenti della sua vita di fronte a una folla inferocita, Idi Amin Dada dittatore ugandese che gli avversari politici se li mangiava pure, il cambogiano Pol Pot ispiratore e responsabile della tortura e del massacro stimato di circa un milione e mezzo di persone. Potremmo illustrarne altri ancora: dall'albanese Enver Halil Hoxha al filippino Ferdinand Marcos, dall'argentino Jorge Rafael Videla al portoghese António de Oliveira Salazar, dal cileno Augusto Pinochet al turkmeno Saparmyrat Nyýazow. Potrei purtroppo continuare per dimostrare come si debbano tenere ben salde le democrazie, per quanto imperfette possano essere. Il "Democracy Index" ("Indicatore di Democrazia") è un grado calcolato dal settimanale "The Economist" che esamina lo stato della democrazie nel mondo e le pecore nere sono tante sotto la dizione "regime autoritario". Avevo la tentazione di pubblicare tutti gli Stati in queste condizioni, ma avrei occupato troppo spazio! Ovviamente la Russia c'è, ma assieme ci sono - saltabeccando sul mappamondo - la Bielorussia, Cuba, l'Algeria, il Venezuela, l'Etiopia, l'Arabia Saudita, l'Egitto, la Palestina, il Laos... Mi fermo qui. Ha scritto Ennio Flaiano - uomo acutissimo - nel 1956 con crudele ironia: «Orwell ha sbagliato il suo "1984", mostrandoci, sotto la dittatura, un'umanità tetra e spaurita. Non è così: nelle dittature popolari tutti sorridono, sempre. Si può obiettare: "Meglio!". Nient'affatto. La condanna a sorridere è più feroce, insopportabile, agghiacciante di quella ideata dallo scrittore inglese, che ci permetterebbe almeno di restare seri».