Questo conflitto in corso a causa dell'aggressione della Russia cambia qualcosa nella nostra piccola Valle d'Aosta? Il primo aspetto - tristemente semplice - è che con poco meno di 1.800 chilometri fra noi e Kiev non siamo distantissimi, così come non lo eravamo nel 1986 a 1.700 chilometri da Chernobyl. Il tristemente famoso incidente alla centrale nucleare dimostra come bisogna essere vigili rispetto ai rischi che Vladimir Putin decida di usare laggiù una bomba atomica anche assai localizzata per stroncare i combattimenti. Ragioniamo sul fatto che proprio in Crimea i valdostani - per ragioni storiche e scusate la digressione, ma dimostra la profondità delle guerre - ci andarono.
Ricordi di scuola tornano utili: nell'estate del 1853 lo zar Nicola I invade i principati danubiani di Moldavia e Valacchia, posti sotto la sovranità dell'Impero ottomano; pochi mesi dopo la Turchia, sostenuta da Gran Bretagna e Francia, dichiara guerra alla Russia. Gli anglo-francesi cingono d'assedio la fortezza di Sebastopoli in Crimea, principale porto russo sul Mar Nero. Londra e Parigi cercano di coinvolgere nella loro alleanza antirussa anche l'Austria, che però non si schiera. E' invece il Piemonte sabaudo ad accettare di intervenire nella guerra. Nel maggio 1855 il primo ministro Camillo Benso di Cavour manda in Crimea un corpo di spedizione di 15mila uomini al comando di Alfonso La Marmora, che prendono parte alla battaglia del fiume Cernaia (agosto 1855), distinguendosi per coraggio e preparazione militare. Ecco cosa c'entriamo. Il motto del "Battaglione Aosta" - e dunque degli Alpini - deriva dalla guerra di Crimea del 1855, quando gli Alpini non c'erano ancora e c'era una "Brigata Aosta", che con la "Brigata Torino" cantava: «Couragi, andouma, andouma couragi piemonteis unì nouj aitre souma cun turc, franseis, ingleis Coi russi d'la Crimea s'battruma neujt e dì e ferm an nostra idea J'crasrouma tutti lì Cristo Santo! ...boum ...boum Souma d'Aousta, Avanti, countacc... E cousta l'on ca cousta Viva j vei, viva l'Aousta».
Quindi, pensando che la storia contemporanea inizia, convenzionalmente, nel 1815, possiamo dire che quella guerra fu la prima del periodo storico che stiamo ancora vivendo con la presenza di soldati valdostani. Nessuno oggi combatterà per l'Ucraina, ma il rischio è che un'eventuale guerra nucleare si possa gravemente riverberare su di noi per via delle radiazioni. Meno pericoloso, ma certo allarmante è - seconda evidenza frutto delle vicende belliche - la scoperta della nostra fragilità energetica, legata al gas metano, che in Italia arriva per il 40 per cento dalla Russia. La realizzazione del metanodotto fu un forte investimento del passato e di recente "Italgas" ha vinto un bando per completare la metanizzazione. Oltre 20mila nuove utenze in dodici anni: l'infrastruttura arriverà fino a Courmayeur. Agli attuali circa 350 chilometri di rete se ne aggiungeranno ulteriori 270, mentre le utenze passeranno dalle attuali 20mila ad oltre 40mila. Esistono inoltre, sempre a gas, il "teleriscaldamento" di Aosta e quello di Valtournenche e ci sono altri progetti per vallate e per Pila. Credo che - sapendo i rischi di gas che arriverà sempre in larga parte dall'estero - si debba ragionare su di un'autonomia energetica maggiore della Valle d'Aosta attraverso nuove tecnologie, utilizzando anche di più da noi l'elettrico da idroelettrico o solare (all'orizzonte c'è l'idrogeno) e biomasse e naturalmente immaginando ulteriori investimenti sugli edifici vecchi e nuovi per risparmiare. Interessanti anche le "comunità energetiche", vale a dire diverse comunità, costituite un gruppo di utenze energetiche (cittadini, imprese, pubbliche amministrazioni) che si organizzano per far fronte ai propri fabbisogni di energia, producendo in proprio, nei limiti del possibile, ciò di cui hanno bisogno.