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10 gen 2022

La relatività del tempo

di Luciano Caveri

Quando stacchi per un attimo e scopri la bontà di un momento di ozio, perché non travolto dal ritmo della quotidianità che ti ruba spesso pezzi di vita per troppe inutilità, ti metti a seguire il filo dei tuoi pensieri. Passare da «enfant prodige» della politica valdostana (ironizzo guardando al passato) a «vecchio saggio» (definizione che lusinga ma spaventa) vuol dire attraversare larga parte della mia vita. Ma esistono di certo destini personali che si intersecano con quelli dei tuoi coetanei: sono le circostanze e gli avvenimenti che marcano le generazioni e sono come un bagaglio comune. Purtroppo il tempo passa e più aumentano gli anni (non me ne lamento, essendo ineluttabile) e più l'esistenza sembra subire una scocciante accelerazione nel senso fisico del termine.

Sulla relatività del tempo Albert Einstein ha costruito la sua carriera, ma ne ha fatto anche oggetto di battute fulminanti. Tipo: «Tutto è relativo. Prenda un ultracentenario che rompe uno specchio: sarà felicissimo di sapere che ha ancora sette anni di disgrazie». Ce n'è un'altra ancora più famosa: «Quando un uomo siede vicino ad una ragazza carina per un'ora, sembra che sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa accesa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora. Questa è la relatività». Sono in tanti e più titolati di me a segnalare come siano poche le generazioni nella storia dell'umanità che abbiamo assistito a trasformazioni così epocali nel breve volgere della propria vita. Siamo sempre in perenne fibrillazione e si sono ristretti spazi di riflessione, perché siamo investiti da flussi di informazioni e da attività che ci impediscono momenti liberi dal fare. L'evoluzione tecnologica ed i cambiamenti sociali si accompagnano a molteplici novità in tutti i campi cosicché, chi potendo arrivasse da noi oggi da epoche del passato, resterebbe stupefatto. Non si cristallizza nulla, perché siamo sempre in corsa e mai ci si può godere l'attimo e fare una pausa. I tempi lunghi (per la "nouvelle histoire" francese era «la longue durée») si sono accorciati e bisogna sempre essere all'inseguimento per non perdere il passo. Più si invecchia e più si corre il rischio di non restare indietro, ma anche molti giovani nella continua corsa hanno il fiatone e l'ansia da prestazione esiste e spesso li attanaglia. Ecco perché se da una parte diventa più difficile staccare, dall'altra cresce la necessità di farlo e bisogna imporsi spazi propri per non sbiellare. Questo equilibrio sta diventando uno dei problemi più grandi e temo lo diventerà sempre di più nella clamorosa accelerazione che prosegue e ci investe. Questo obbliga a spazi propri, a giardini segreti da serbare in un mondo che ci spia, a mantenere interessi che prescindano dal mordi e fuggi delle mode. Staccare vuol dire evitare conformismi e non farsi trascinare dalla corrente del "così fan tutti". Si straparla di questi tempi di libertà e c'è chi - prigioniero delle proprie paranoie - ne diventa un alfiere, creando un evidente paradosso. Perché la libertà è comprensione, razionalità, non diventare vittime di settarismi. Mamma mia, com'è difficile vivere!