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03 gen 2022

Le tre "R"

di Luciano Caveri

Pensavo in queste ore, in cui si guarda all'anno che verrà come ad una porta di ingresso verso l'incognito, a tre "R" che vorrei portare con me come viatico per quanto dovrò fare nel mio lavoro politico e che penso siano utili in generale nella vita. Sia chiaro che quando si pensa alla "politica" si entra in un terreno abbastanza instabile nel senso cognitivo. Lo dico tra l'altro essendo laureato in quel mare magnum di diverse materie, secondo gli indirizzi, che si definiscono "Scienze Politiche". Esistono infatti una serie di piani che si intersecano. In particolare c'è l'attività politica in partiti o movimenti, fatta di idee, progetti, programmi, posizionamento sullo scacchiere politico che si trasferiscono poi nelle competizioni elettorali e, se ci si riesce, nelle Istituzioni elettive.

Qui ognuno fa quello che deve fare nei ruoli ottenuti e questo si innesta per chi è negli Esecutivi a vari livelli nella logica amministrativa. Io ho spaziato dal ruolo di legislatore semplice a presidente di Commissione, da quello di sottosegretario di Stato a presidente della Regione, ora - come già in passato - assessore, che diventa in certe circostanze più "superdirigente" che politico. Aggiungo solo che per far bene esiste un apprendistato, una sorta di praticantato in cui tornano utili gli studi e bisogna continuare a farlo se si vogliono far bene le cose ed essere utili e, se possibile, efficaci. Ma torniamo alle "R". Comincerei - in una graduatoria aggiornata - con la Responsabilità. Nel senso complementare di senso di responsabilità nel fare le cose e nell'assunzione di responsabilità per quel che si realizza. Trovo che la parola sia essenziale perché l'unico antidoto al rischio di vaghezza ed all'esercizio allegato che mi imbestialisce: lo scaricabarile. Ci sono quelli che non si esprimono per non sbagliare, che spariscono in momenti topici, che non firmano se devono firmare. Ci sono quelli che si mimetizzano nelle carte, che sguazzano nei cavilli, che trascinano le cose sino allo sfinimento. Lunga vita a chi fa l'esatto contrario! La seconda parola - che immagino scandalizzerà qualcuno - è Rapidità. Odio chi per indole o per scelta allunga i tempi, come se le decisioni fossero vini da invecchiare in una botte. Chi ha tempi di risposta prefissati per una sorta di inedia congenita che crea ritardi in un mondo che fa ormai della rapidità un giusto Verbo. L'epoca digitale viene soffocata ancora dagli adoratori della carta, dai detrattori dell'autocertificazione, dai nemici della semplificazione. Li odio e loro odiano me, perché certe mie richieste di sveltire sembrano loro oltraggiose e semplificatorie. Infine: Razionalità. Viviamo anche in Politica con vari fenomeni congiunti o disgiunti, secondo gli scenari. La bestemmia più irrazionale è stata: «uno vale uno». Questo slogan ha prefigurato un egualitarismo da strapazzo, che mette tutti sullo stesso piano a qualunque livello della già citata responsabilità. Scherzando si potrebbe citare Lenin che sostenne che il governo dei soviet, efficiente per definizione, avrebbe potuto anche essere presieduto dalla sua cuoca. Poi subentrò Stalin e non una cuoca... Aggiungerei poi l'irrazionalità presente in certe logiche antiscientifiche, in teorie cospirazioniste, nell'ignoranza crassa che spesso riesce a far scalare in ruoli apicali personaggi da tregenda sulla base di triviali spinte demagogiche e populiste. Evviva le tre "R"!