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23 dic 2021

Scambiarsi i regali

di Luciano Caveri

Sono stato a Milano e guardavo la folla in Piazza del Duomo. Con frenesia infantile, direi del tutto comprensibile, questa città sempre di corsa si metteva ferma in posa in quell'angolo che consentiva di mettere assieme in foto lo sfavillante albero di Natale e la facciata illuminata della più grande chiesa d'Italia (San Pietro si trova infatti nella Città del Vaticano). Quel centro storico riassume più di molto altro il senso dello shopping natalizio e lo si vedeva fisicamente nell'andirivieni allegro vetrina dopo vetrina. L'apice resta la celebre Galleria Vittorio Emanuele, considerata la madre ante litteram di tutti i centri commerciali: negozi di lusso in uno splendido palazzo di un centro commerciale del XIX secolo, che si sparpagliano poi nel resto del cuore della città meneghina. Il centro storico propriamente detto è contenuto all'interno della zona una volta delimitata dalle mura medievali della città ed oggi dalle strade che formano la Cerchia dei Navigli.

Ebbene, nell'aggirarmi al guinzaglio di mia moglie e caracollando con il figlio più piccolo in questa summa teologica del consumismo natalizio riflettevo sul regalo, che è poi una degli obblighi della Festività in cui lo scambio di regali è un caposaldo. Certo lo faccio sempre, buttandolo in burla quando mi capita e per quanto mi riguarda. Tra il serio e il faceto ricordo come vezzo la mia nascita a Natale e l'esistenza di un elemento di iniquità, perché sin da piccolo vittima - ma lo faccio più grande di quel che è - di «un solo regalo più grande» per l'evidente sommatoria con il compleanno. In realtà, ad essere onesti, quando il Natale era una festa familiare con tutti quelli che ormai non ci sono più, questa concomitanza mi poneva al centro dell'attenzione e degli affetti ed era molto più di un regalo suppletivo. Ma torniamo al regalo e al suo significato. Marcel Mauss (1872-1950), che ho studiato all'Università, è stato un antropologo francese, autore del celebre "Saggio sul dono", libro diventato celebre e vera pietra miliare dell'antropologia culturale. In questo saggio Mauss descrive la socialità del dono nelle società arcaiche e primitive. Tre le caratteristiche fondamentali del dono: "dare, ricevere, ricambiare" e mostra come i tre fondamenti del dono fossero essenzialmente obbligatori all'interno delle comunità da lui studiate. Si deve "dare" per mostrare la propria potenza, la propria ricchezza; si è nell'obbligo di "ricevere", cioè non si può rifiutare il dono, pena la scomunica della comunità ed il disonore; si deve "ricambiare", cioè restituire alla pari o accrescendo ciò che si è ricevuto: restituire meno di ciò che si è ricevuto è un'offesa al donatore. Nel "Saggio sul dono" si mostra quindi come gli individui delle società del passato più remoto fossero obbligati a donare e questo ci è rimasto nel "Dna". Il dono non era quindi pratica libera, era un obbligo sociale e un vincolo comunitario, non era liberalità del singolo. L'obbligo al dono era indotto innanzitutto da vincoli di comunanza e di onore e dunque chi non partecipava al rito del dono, perché non era nella capacità di reperire e possedere oggetti da immettere nel circolo del dono, era soggetto alla esclusione dal gruppo. Una ricostruzione basata sui documenti etnologici di varie società primitive, che mostra come in certi casi la risoluzione dei conflitti assumesse dimensioni rituali. Certi automatismi, consci o inconsci, pesano da allora sui nostri comportamenti anche odierni. Non è un caso che ancora oggi, gli incontri ufficiali (e ne ho vissuti molti nella mia vita) si concludono con uno scambio di doni come elemento di stima e pacificazione. Per fare un esempio concreto: nella cultura dei maori (Nuova Zelanda), nota Mass, le cose donate non sono inerti, ma animate da uno "hau" (spirito) che desidera tornare da dove è venuto (dal clan del donatore e la sua terra). Perciò chi riceve un dono dovrà contraccambiare, anche se non subito e non con lo stesso oggetto, ma magari con un altro bene, ricevuto da una terza persona alla quale ha regalato l'oggetto ricevuto. Se interrompe il flusso di oggetti, rischia di incorrere nell'ira dello stesso "hau". Insomma dare e ricevere regali non è una banale cortesia, ma qualcosa di più e me ne accorgo guardando la mia scrivania, quando anche da un piccolo oggetto donato emergono i ricordi di un evento e di una persona che me lo diede. Così la catena dei regali natalizi!