«Écoutez ! tout semble immobile, la neige endort tous les échos; sans bruit passe la foule agile, et sur l'enceinte de la ville pèse un mystérieux repos». Antoine Delatour Appartengo alla generazione delle previsioni del tempo, che andavano in onda in televisione prima del "Tg1", addirittura dì quando c'era solo il primo canale su un televisore monumentale nel salotto buono a sostituire il focolare domestico. Sin da bambino il protagonista del genere prima delle notizie era Edmondo Bernacca, classe 1914, un volto ed una voce che mi ricorda momenti del passato, che talvolta emergono confusamente nella memoria.
Il "colonnello Bernacca" è stato il caposaldo di un unicum italiano: per moltissimi anni, infatti, le previsioni del tempo sono state un monopolio dell'Aeronautica militare. Dal 1968 gli fu affidata dalla "Rai" la realizzazione e la conduzione di un programma autonomo dedicato alle previsioni meteorologiche "Il tempo in Italia", da lui stesso ideato. Oggi il mondo è cambiato, essendo sparito lo stupore del tempo che cambia con bollettini che spuntano, specie dal Web, e così sono spazzati via quei proverbi che servivano nel passato per capire l'evoluzione meteo. Ho spesso nostalgia dì certe nevicate chiamate «les neiges d'antan», espressione che evoca nel linguaggio comune nevicate epocali dì cui si è stati testimoni. Mentre il significato esatto dell'espressione, nella celebre poesia di François Villon («Mais où sont les neiges d'antan?»), riguarda la nevicata di un solo anno prima a Bruxelles. Capisco che è deludente, ma è così e dimostra come anche modi di dire famosi possano trasfigurarsi. Era esattamente l'inverno del 1511 e scrive di questo evento un professore universitario belga, Paul Verhuyck: «Cet hiver fut si sévère que les habitants bâtirent plus de cent poupées de neige par-ci par-là dans la ville; ce n'étaient pas tout à fait nos bonshommes de neige rudimentaires et enfantins, mais de véritables sculptures artistement ciselées dans la neige gelée». Uno spettacolo incredibile: con statue ispirate alla mitologia greca e latina, a personaggi biblici e popolareschi. Chiunque conosca il centro di Bruxelles e specie l'antica Grand-Place, riconosciuta "Patrimonio mondiale dell'umanità" dall'Unesco, non può che baloccarsi all'idea, pensando ai magnifici edifici delle corporazioni e a quell'insieme architettonico rappresentato dall'Hôtel de Ville di Bruxelles, la cui costruzione data degli inizi del XV secolo (1402). Quindi in quell'inverno una parte c'era già! L'amato dizionario etimologico mi aiuta nel dire di come la neve abbia sempre espressioni graziose e l'origine è declinata assieme alla rappresentazione della ricchezza linguistica: "latino di provenienza indoeuropea: latino "nĭve(m)" (nominativo "nix") - panromanzo: antico francese "noif" (francese "neige", derivato di "neiger, nevicare"), occitano catalano "neu", spagnolo "nieve", portoghese "neve", sardo "nie", rumeno "nea". Il latino "nix - nĭvis" ha numerosi confronti: greco "nípha", alto tedesco "sneō" (tedesco "schnee", inglese "snow"), lituanio "sniẽgas", antico slavo "sněgŭ" (russo "sneg")". In francoprovenzale ecco "nei" nella sua essenzialità. Una poesia di Jacques Prévert, nata per i bambini, è davvero simpatica e la consiglio come lettura per i più piccoli: «Dans la nuit de l'hiver Galope un grand homme blanc. C'est un bonhomme de neige Avec une pipe en bois, Un grand bonhomme de neige Poursuivi par le froid. Il arrive au village. Voyant de la lumière Le voilà rassuré. Dans une petite maison Il entre sans frapper, Et pour se réchauffer, S'assoit sur le poêle rouge, Et d'un coup disparaît Ne laissant que sa pipe Au milieu d'une flaque d'eau, Ne laissant que sa pipe Et puis son vieux chapeau».