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11 ott 2021

L'idroelettrico e l'avvenire

di Luciano Caveri

La transizione ecologica di cui tanto si discute pone il tema delle energie rinnovabili al centro di molte discussioni. Capita dunque alle zone di montagna di essere nelle condizioni favorevoli e necessarie per valorizzare ulteriormente un loro patrimonio: l'idroelettrico. Non è un caso se le alcune delle grandi centrali in Valle d'Aosta hanno ormai un secolo. Iniziò in quel tempo la rincorsa a questa energia preziosa, che spinse allora una parte significativa del settore industriale. Quando si costruì il regime di Autonomia ancora in vigore, prima con i decreti luogotenenziali e poi con lo Statuto d'Autonomia, la ricchezza derivante dall'energia prodotta con la forza delle acque fu un tema politico essenziale nei rapporti con Roma. Le particolari prerogative ottenute vennero in larga parte disattese con la nazionalizzazione del settore elettrico con sentenze della Consulta all'inizio degli anni Sessanta che furono tombali e diedero vita al monopolio "Enel", durato per decenni.

Pian piano la liberalizzazione di fonte europea si affermò sino a quando questa leva della concorrenza consentì vent'anni fa - con la vendita degli impianti "Enel" - la nascita della "CVA - Compagnia valdostana nelle acque - Compagnie valdôtaine des eaux". Personalmente lavorai come deputato per chiudere questo disegno, sapendo che ci vogliono leggi per ottenere certi risultati. Un lavoro umile e senza clamore che consente, come in questo caso, di ridare vitalità a competenze statutarie che parevano perse per sempre. Ora le strategie europee in quel vasto programma riassumibili nella parola "green" chiariscono che per "CVA", partecipata regionale, può significare essere nel posto giusto al momento giusto. L'idroelettrico è la rinnovabile che non si ferma mai a differenza del sole e del vento. Per questo è una ricchezza da non perdere, sapendo che l'energia idroelettrica è quella più adatta per ottenere idrogeno verde, combustibile del futuro, che può stoccare anche quanto oggi si perde. Ma se l'Europa con la liberalizzazione consentì la riappropriazione di questo bene prezioso, ora appare come data topica il 2029, data di scadenza delle concessioni a "CVA" nella logica del principio di concorrenza. In più attualmente la legge Madia di riordino delle Partecipate pubbliche blocca una parte di operatività di "CVA" e bisogna togliere questi lacci e lacciuoli per consentire a questa società di operare liberamente sul mercato. Nodi giuridici entrambi da risolvere con vari scenari possibili. Il tema in fondo resta la necessità di non perdere un patrimonio importante e il rischio che possano subentrare capitali esterni che possano impoverire la Valle. Capisco che sono argomenti difficili e la negoziazione con Roma e Bruxelles non è per nulla semplice. Tuttavia in questo caso come in molti altri bisogna ricordarsi che la battaglia in difesa dell'Autonomia - non solo a difesa ma anche in attacco! - è esercizio quotidiano e presuppone competenza, convinzione e assunzione di responsabilità. Ci pensavo in occasione di un convegno sui problemi linguistici organizzato dal "Centre d'études Abbé Tréves", quel prete di montagna amico della mia famiglia, uno dei fondatori della "Jeune Vallée d'Aoste", che ha scritto cose memorabili sulla necessità di affrontare le cose. Ad esempio, ed era l'epoca cupa del Ventennio: «Résister signifie non seulement maintenir les positions conquises mais avancer, regarder au loin, préparer l'avenir».