Le quattro stagioni, per quanto sbalestrate siano rispetto alla loro rappresentazione scolastica su base climatica di tradizione, restano una scontata metafora della nostra vita. Lo ricorda quella bella poesia "Le stagioni umane" di John Keats: «Quattro stagioni fanno intero l'anno, quattro stagioni ha l'animo dell'uomo. Egli ha la sua robusta Primavera quando coglie l'ingenua fantasia ad aprire di mano ogni bellezza; ha la sua Estate quando ruminare il boccone di miel primaverile del giovine pensiero ama perduto di voluttà, e così fantasticando, quanto gli è dato approssimarsi al cielo; e calmi ormeggi in rada ha nel suo Autunno quando ripiega strettamente le ali pago di star così a contemplare oziando le nebbie, di lasciare le cose belle inavvertite lungi passare come sulla siglia un rivo. Anche ha il suo Inverno di sfiguramento pallido, sennò forza gli sarebbe rinunciare alla sua mortal natura».
Ci penso in autunno e il pensiero si fa più intenso con il passare degli anni. Invecchiare resta un privilegio sino a quando si sta bene e ci si può permettere di pensare che sta avvenendo bene e senza traumi. Così si ragiona, scherzando ma non troppo, a quale mese si somigli, se all'inizio o al limitare dell'autunno. Un tempo alla mia età si era già in inverno: basti pensare che la speranza di vita media in Italia era di 62,46 anni nel 1901. Traguardo che ho appena passato... Certo oggi, anche se bisognerà scontare la flessione negativa derivante dalla pandemia che ha colpito molti grandi vecchi, siamo a circa 82 anni. Ma sappiamo bene che queste medie non tengono conto delle singole vite. Sulla statistica la più proverbiale delle osservazioni è quella di Trilussa in una sua celebre poesia, per cui se qualcuno mangia un pollo, e qualcun altro no, in media hanno mangiato mezzo pollo. Ci pensavo in questi giorni in cui è mancata una mia vicina di casa a Saint-Vincent, Concetta D'Apì, 106 anni! Proprio scavando nelle esperienze personali, già in famiglia e nei dintorni, si vedono gli alti e bassi delle vite altrui. Alcune incredibilmente lunghe, vissute bene o male sino alla soglia della scomparsa, altre spezzate ingiustamente in giovane età, altre ancora colpite comunque troppo presto per malattia o incidente. Tutte a rendere il senso che bisogna relativizzare la nostra esistenza e non fare storie se, come sta capitando a me, si invecchia. E bisogna prenderlo dal verso giusto, vantando come un vezzo la forza dell'esperienza e, forse, di qualche grammo in più di saggezza. Mi piace molto quella frase di Henri Matisse (1869-1954), il grande pittore francese che disse: «Non si può impedire di invecchiare, ma si può impedire di diventare vecchi». Trovo che sia un buon viatico e consiglierò questa filosofia in una pillola ai miei coscritti con cui ogni tanto ci si ritrova con il rischio di essere solo nostalgici e pronti a parlare dei rispettivi acciacchi. Ma ci sono quelli che facevano così già a vent'anni...