Grazie ad un amico che mi ha scritto nel cuore della notte di due giorni fa ho scoperto la notizia, così riassunta ore dopo dalla agenzia AGI: "L'ex presidente catalano, Carles Puigdemont, è stato arrestato ad Alghero, in Sardegna, in applicazione del mandato di cattura emesso da Pablo Llarena, giudice del Tribunale Supremo spagnolo. Le autorità italiane hanno già notificato l'arresto alla magistratura di Madrid e, secondo quanto si apprende da fonti investigative, Puigdemont è stato condotto nella casa circondariale di Sassari. Puigdemont era atteso tra gli ospiti del 33esimo "Aplec International Adifolk", festa della cultura popolare catalana in programma al 26 settembre nella città sarda". Alghero non era un caso perché si parla ancora un dialetto catalano e per questo i rapporti con Barcellona sono sempre stati stretti. Ovviamente la partecipazione del leader catalano era stranota e dunque è evidente come la Polizia di frontiera fosse stata allertata ed abbia agito come avete appena letto, in una logica di longa manus degli spagnoli. Dico subito: in spregio rispetto a quanto dettato dalla Corte europea di Giustizia.
Aggiungeva l'agenzia di stampa: "L'ufficio di Puigdemont ha confermato l'arresto con un comunicato e ha spiegato che l'ex presidente catalano sarà messo a disposizione della Corte d'appello di Sassari, che ha la competenza per decidere se rimetterlo in libertà o procedere alla sua estradizione in Spagna. Lo scorso 30 luglio il tribunale dell'Unione Europea aveva confermato la revoca dell'immunità parlamentare per Puigdemont, che è ricercato per sedizione dalle autorità spagnole in merito al tentativo di secessione della Catalogna nel 2017. «Il presidente Puigdemont è stato arrestato all'arrivo in Sardegna dove si recava come eurodeputato; questa detenzione si basa sull'ordinanza europea del 14 ottobre 2019 che, per imperativo legale è sospesa», sostiene il legale di Gonzalo Boye, il quale ha assicurato ha assicurato che l'ex presidente catalano è «assolutamente tranquillo» perché si fida delle «garanzie del diritto dell'Unione»". La puntata di ieri ha visto l'esponente catalano davanti alla giudice della Corte d'Appello di Sassari, Plinia Azzena, che ha sancito per ora che l'arresto di Carles Puigdemont non è illegale. Tuttavia, accogliendo anche la richiesta in tal senso della procuratrice generale Gabriella Pintus, la giudice ha stabilito che non c'è motivo di applicare a carico dell'ex presidente della Catalogna alcuna misura cautelare, ma dovrà presentarsi in Tribunale il 4 ottobre. Se non si presenterà di fatto la questione si chiuderà. Vedremo gli eventi. Certo condivido il gesto del presidente della Regione Sardegna, il sardista Christian Solinas, che lo ha atteso all'uscita dal carcere. La questione catalana resta qualche cosa di incredibile e certe misure di clemenza (si fa per dire) assunte dal Governo spagnolo non cancellano la vergogna di un'azione penale violentissima ed a mio avviso ingiustificata verso i militanti dell'indipendentismo. Sul referendum che sancì la scelta di autodeterminazione si può dissentire (mentre io lo considero un legittimo atto democratico), ma che una scelta politica pacifica e partecipata diventi occasione per dare la stura all'antico e pure sulfureo nazionalismo spagnolo alla moda franchista stupisce e addolora. Ma colpisce ancora di più - e l'arresto lo conferma - come l'Unione europea e gli Stati membri abbiano reagito alle richieste della larga maggioranza del popolo catalano, di cui gli eletti indipendentisti sono portavoce e parte attiva in seguito alla scelta di andarsene dalla Spagna. Sono rarissimi, come ha fatto in solitaria il Governo belga, coloro che abbiano espresso un dissenso nei confronti della linea dura e intransigente della Spagna e le autorità europee - sempre pronte ad affermare diritti civili e principi di sussidiarietà - hanno scelto la linea del silenzio, che è null'altro che complicità verso la Spagna. L'Italia brilla della stessa nefandezza. Scontato che una parte destrorsa e della sinistra centralista coincidesse su questa posizione, colpisce l'assenza di troppe forse politiche e dei famosi intellettuali, pronti ad indignarsi per gli indios dell'Amazzonia o per la scomparsa della foca monaca, tacciono beatamente sulla Catalogna, seguendo la linea che l'autodeterminazione in Europa è solo un impiccio e vale per i Paesi del Terzo mondo vittima del colonialismo e non per i vicini di casa. Non so più cosa si possa fare per scuotere le coscienze. Chi pensava che i catalani sarebbero stati spaventati e si sarebbero pian piano allontanati dalla speranza indipendentista hanno sbagliato, perché le piazze si riempiono ancora malgrado tutta la repressione messa in campo contro di loro. Urge una soluzione politica, che sembrava essere lentamente avviata da Madrid, ma l'improvvido arresto di marca italiana riaccende gli animi e conferma che bisogna fare presto. Che Bruxelles dimostri di esistere e la Commissione apra un tavolo per dirimere quanto ormai si sta incancrenendo. Mai come ora il silenzio comunitario è assordante. Ne parliamo spesso con il mio amico occitano, Mariano Allocco, uno dei promotori dell'idea così europea dell'"Espaci occitan e catalan" che unisce Alpi e Pirenei. Un esempio concreto di un'Europa diversa e fa piacere che sulla vicenda in corso un sussulto ce l'abbia avuto anche il mondo Autonomista valdostano.