Mai come ora bisogna ragionare sul futuro. Affondati come siamo nella quotidianità come se fossero sabbie mobili che imprigionano non solo molte nostre libertà ma molte nostre attese e speranze, ci si deve sforzare di non chiudersi. Mai come di questi tempi vale la pena di riflettere sulle "reti", termine usato da tempo, ma che diventa leggibile per chiunque con l'arrivo di Internet e di quella ragnatela di contatti plurimi che caratterizzano il Web. Ci pensavo l'altro giorno nel discutere con i colleghi del Piemonte e della Liguria attorno al tema e soprattutto ai contenuti della cooperazione territoriale, un tempo transfrontaliera, nel rapporto fra il Nord-Ovest dell'Italia e le Regioni francesi vicine, le gigantesche realtà che sono Auvergne-Rhône-Alpes e Provence-Alpes-Côte d'Azur con cui condividemmo in passato la nascita di quell'Euregione "AlpMed" che langue da qualche anno. Purtroppo nella politica valdostana ci sono stati dei killer di questi rapporti così importanti, come se una politica transfrontaliera con i fiocchi fosse inutile. Un provincialismo politico, senza cultura e ripiegato su sé stesso, che atterrisce per la sterilità della visione.
Verrebbe da traslare il termine "isolazionismo" e definire certe chiusure "isolazionismo valdostano" verso le zone a noi vicine, compresi Cantoni Romandi del tutto inesistenti nei contatti politici negli ultimi anni e si potrebbe segnalare il medesimo, triste, disinteresse per le altre Regioni dell'arco alpino, sia in Italia (comprese le Autonomie differenziate come la nostra) che Oltralpe. Stesso disinteresse c'è stato per "Eusalp", la macroregione alpina e l'altra istituzione storica, la "Convenzione Alpina". Verrebbe naturale aggiungere la desertificazione di rapporti con l'Europa ed anche con le altre minoranze linguistiche e nazionali storiche. Non faccio il saccente, constato l'esistente e me ne dolgo come cittadino valdostano che crede che chiuderci nei nostri confini sia un errore e ci impoverisce. Questo significa negare legami geografici, storici, culturali, identitari, giuridici che arricchiscono nella comparazione e nel confronto, che genera migliorie e buone pratiche che evitino che ci si avviti in vecchie abitudini e nelle ripetizioni di modelli triti e ritriti. Ho avuto la fortuna di constatare, vivendolo di persona, come solo il dialogo con gli altri e persino la ricopiatura di quanto fatto su medesimi problemi rappresenti un'occasione di crescita e di sottolineatura delle peculiarità, altrimenti prive di elementi di stimolo ed anche di rappresentazione non solo degli spazi di miglioramento, ma anche di valorizzazione dei propri elementi di forza. Ci vuole sicurezza nei propri mezzi accompagnata dalla necessaria umiltà, capacità di ascoltare gli altri ed anche di motivare le proprie ragioni. Altrimenti senza vedere e conoscere "gli altri" si rischia di fare la fine di Narciso. Ricordate la storia di questo personaggio mitologico, figlio del fiume Cefiso e della ninfa Liriope? Fanciullo bellissimo, vedendo un giorno la propria immagine riflessa in una fonte, la scambiò per una persona vera e se ne innamorò a tal punto che, nel vano tentativo di afferrarla, morì consunto dalla sua illusoria passione e fu trasformato nel fiore omonimo. Meglio guardarsi in giro che bearsi della propria immagine e perciò bisogna lavorare con gli altri, conoscendo esperienze nuove e ordinamenti diversi senza compiacersi e isolarsi.