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09 feb 2020

Parigi val bene una Messa (anche la Valle d'Aosta...)

di Luciano Caveri

Le vicende umane e dinastiche delle monarchie attuali - che sono nei diversi Continenti ben ventisette, se non ho perso il conto - interessano la stampa rosa e non più la Storia. Eppure basta un salto nel passato per capire come, invece, ci siano state vicende complicatissime e spesso sanguinose per la conquista di un trono e certi fatti siano rimasti così esemplari da alimentare persino i modi di dire. Prendiamo la famosa frase «Parigi val bene una Messa», una battuta agra che la tradizione attribuisce ad Enrico IV di Francia quando abiurò definitivamente il calvinismo ed abbracciò il cattolicesimo per opportunismo, utile per salire al trono. Quella di Enrico di Borbone fu una vita complessa. Era figlio di Antonio di Borbone e Giovanna III di Navarra, nipote di Francesco I, primo re di Francia della dinastia dei Valois-Angoulême, la famiglia reale allora in carica.

Entrambi i genitori di Enrico erano "ugonotti", cioè protestanti. Salito al trono di Navarra ebbe già il problema del matrimonio con la cugina Margherita di Valois, sorella del re di Francia Carlo IX. A scegliere questo matrimonio, celebrato il 18 agosto 1572, fu la madre della sposa, la famosa Caterina de' Medici, essendo Enrico un buon partito, quale potenziale erede della corona di Francia. Essendo di diversa religione, si sposarono nella cattedrale di Notre-Dame-de-Paris con dispensa papale e molte polemiche. Per altro pochi giorni dopo avvenne la celebre "strage di San Bartolomeo", esattamente nella notte tra il 23 e il 24 agosto 1572, che vide l'eccidio di un ingente numero di ugonotti da parte dei cattolici ed il Re Carlo IX impose al nuovo cognato di convertirsi al cattolicesimo per avere salva la vita. Fu così che Enrico di Navarra dovette abiurare la fede protestante e convertirsi immediatamente. Nel 1574, Enrico, morto il suocero, ritrattò l'abiura e riprese il suo posto come capo della fazione protestante, scelta che gli valse la scomunica papale. I rapporti fra cattolici e protestanti entravano in un momento di calma, ma durò poco e ciò portò ad un ennesimo conflitto, sia religioso che politico, con l'ennesima guerra fra i pretendenti al trono di Francia. L'ultima cosa che si contrapponeva tra lui e il trono - alla fine di tutte le battaglie - era la sua fede protestante: nessun ugonotto poteva infatti ereditare la corona di Francia. Fu per questo che il 25 luglio 1593 Enrico di Navarra, capo di tutti gli ugonotti di Francia, si convertì definitivamente al cattolicesimo, venendo battezzato nella basilica di Saint-Denis e pronunciò la celebre frase. Ci fu poi l'editto di Nantes del 1598, con il quale venne concessa la libertà di culto a tutti i cittadini francesi di religione non cattolica. Nonostante ciò, Enrico IV fu assassinato nel 1610 proprio da un cattolico di nome François Ravaillac, che in seguito a ciò fu condannato a morte per squartamento. La sua frase «Paris vaut bien une Messe» celebra in modo plastico, che sia usata seriamente o come motteggio scherzoso, un vizio - oggi ben esistente nella politica valdostana ed oggetto ormai di disprezzo popolare - di trasformismo secondo le necessità. Non si tratta solo di ragionare, come forse si dovrà fare, sulle elezioni regionali anticipate e il loro esito, ma - senza processi all'infinito - avere ben presente le parabole politiche che in questi anni hanno portato a cambi di posizione davvero clamorosi alla ricerca spasmodica di una stabilità politica appesa a fili sottilissimi, come lo sono state le maggioranze rimaste in piedi con costumi da Arlecchino e cioè con convivenze impossibili quando sui temi concreti le visioni sono difformi. Speriamo di essere ai titoli di coda di certe vicende per il bene della Politica tutta. La chiarezza e la trasparenza, invocate da tutti come elemento indispensabile, sono state in realtà intorbidite e talvolta oscurate da manovre di basso rango, aumentando il già esistente scollamento fra i valdostani e la massima assise politica, il Consiglio Valle e questo deprezzamento istituzionale dev'essere una preoccupazione valida per tutti. L'antipolitica, piano piano, assieme alla sua sorella gemella, l'antiparlamentarismo, inizia lentamente il suo declino sulla scena politica italiana, ma per sconfiggere qualunquismo e demagogia ci voglio azioni concrete e credibilità da parte di chi, eletto, deve custodire con impegno e umiltà lo spirito che deve animare le istituzioni democratiche.