E ora? Sono in tanti a chiedermi, riconoscendomi un ruolo di esperienza in Valle d'Aosta, che cosa si possa fare di fronte a vicende giudiziarie, che ricordano un mare di tempesta. E le cui conseguenze saranno importanti sulla nostra politica, ma soprattutto sul futuro delle nostre Istituzioni e persino del nostro Ordinamento, perché giocarsi lo Statuto speciale sarebbe da perfetti imbecilli, come buttare il bambino assieme all'acqua sporca. Questo è il nodo, che riguarda qualunque cittadino valdostano che voglia fare qualcosa per la sua comunità in difficoltà oggettiva e che rischia di affondare senza capire da dove ripartire con una discussione importante in cui rileggere senza sconti gli eventi che ci hanno portato sino a qui. Bisogna sapere farlo collegialmente, con onestà e freddezza, e pensando all'interesse comune e con scelte che ci riguardino direttamente e non con modelli importati chissà da dove per moda o perché colti con tutte le ragioni dall'indignazione che ci divora.
Conta anche l'immagine della nostra Valle all'esterno, con lo stillicidio ininterrotto di brutte storie di questi anni, che rischia di farci trasformare agli occhi del mondo da popolazione tosta e operosa in una terra tipo "Far West" per le camarille interne od assimilarci al profondo Sud fatto di cosche e malaffare. Chi si rassegna e ritiene l'antica storia Autonomista come un ferrovecchio usato e degradato non solo non è degno della nostra storia, ma dovrebbe spiegare cosa dovremmo diventare se non tornare ad essere degni di un'eredità importante anche in termini etici. Che le cose non vadano bene lo si può vedere da una parte da quella instabilità politica che non consente decisioni importanti per il futuro, mentre peggiora non solo la qualità della politica ma anche dell'Amministrazione pubblica, dall'altra si aggiungono le infiltrazioni mafiose come un veleno letale a braccetto con affarismo e mediocrità. Da fenomeno minore e sotto controllo questa storia dell'asse Calabria - Valle d'Aosta è esplosa con l'impazzimento di una politica alla ricerca quotidiana di consensi che accrescano i propri voti in una guerra al successo personale uscita da ogni logica in spregio alla nobiltà dei valori Autonomisti ed agli insegnamenti dei padri fondatori dell'Autonomia, usati solo per iperboli retoriche e non come esempio. La Giustizia deve fare il suo corso e non bisogna sottostimare le conseguenze, dimostrandosi nel contempo - e non è facile farlo, perché è più facile fare i sanguinari con la bava alla bocca per l'indignazione - essendo rispettosi delle persone coinvolte, in ossequio alla logica accusa-difesa. Ciò prevede che a parlare siano infine le sentenze, mentre in Italia sappiamo bene che esiste sempre il rischio di avere i processi ben prima che si arrivi davvero nell'aula di un tribunale. Qui non si tratta però di essere colpevolisti o innocentisti o di scandagliare con voyeurismo rivelazioni ed intercettazioni, ma di constatare sul piano politico certe questioni capitali, senza alcuna presunzione di impartire lezioncine morali e con grande pacatezza perché non bisogna mai reagire di pancia e spesso - guardando per un attimo alla politica italiana - chi cavalca certe situazioni di degrado ne ha già alcune da spiegare per conto proprio. Per cui bisogna rimboccarci le maniche, com'è necessario fare, uscendo dalla sola condanna e dalla sola protesta, che sono indispensabili ma diventano utili se sono i motori di una ripartenza senza rassegnazione al «così fan tutti», che sfocia nel nulla. L'alternativa è una discussione con proposte punto per punto e con l'idea che la politica non sia solo il passaggio elettorale, specie se si trasforma troppo facilmente quel momento delle urne, importante in una democrazia, in un terreno di promesse da "do ut des", in cui si insinuano coloro a cui non interessa affatto il futuro della Valle d'Aosta, ma solo il loro - spesso oscuro - tornaconto.