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07 set 2019

Scenari inquietanti

di Luciano Caveri

Capisco quanto sia difficile fantasticare, ma ogni tanto - nella sua versione seria tipo "costruire degli scenari" - credo che l'esercizio possa risultare salutare (o forse no, perché si rischia la gastrite). Partiamo dal "Conte bis" ormai cristallizzato, scampato alla tagliola dell'incostituzionale "Piattaforma Rousseau", che ha ridicolizzato la democrazia italiana in tutto il mondo con un Partito Democratico che digerisce ormai qualunque cosa pur di tornare in maggioranza. Il Programma di Governo, reso noto in queste ore - come spesso avviene con elenchi di questo genere - è una summa teologica di tutto e di più con evidenti equilibri lessicali perché mettere assieme "pentastellati", PD e "Liberi e uguali" è un esercizio da circo con rullo di tamburi per vedere se il trapezista casca nella rete. Ma, si sa, piuttosto che andare alle elezioni si è pronti a tutto ed i nemici di ieri diventano gli alleati di oggi e si potrebbe dire che si è passati dalle «convergenze parallele» al «contratto di governo prêt-à-porter».

Giuseppe Conte sarà di certo in grado di dire il contrario su alcuni punti di quanto disse ai suoi esordi. Lo hanno fatto, rispettivamente, Nicola Zingaretti e Beppe Grillo, perché dovrebbe essere lui a finire in ceppi in caso di palese contraddizione? Tuttavia, nello scorrere l'elenco che immagino diverrà «bellissimo» nella presentazione in Parlamento (a Conte piaceva già questa aggettivazione con il suo precedente Governo "giallo-verde", quando così definì con entusiasmo il 2019, ma i dati dell'economia lo hanno smentito seccamente), mi pare che ci sia poco di quel «sognare» che è il suo nuovo mantra, tipo "Sogno italiano". Mi auguro possa essere un brano in concorso nell'edizione del prossimo anno del "Festival di Sanremo". Ma il punto che mi colpisce e che credo colpirà le Regioni - Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna che l'hanno chiesta - è l'applicazione di quella Autonomia differenziata piccina piccina prevista dall'articolo 116 della Costituzione, lo stesso - fate attenzione - dove figurano Regioni a Statuto speciale e Province Autonome, compresa la nostra Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste. Si legge al punto 17 (al campano Luigi Di Maio sarà scappato uno scongiuro): "E' necessario completare il processo di autonomia differenziata giusta e cooperativa, che salvaguardi il principio di coesione nazionale e di solidarietà, la tutela dell'unità giuridica e economica". Apparentemente innocuo, questo argomentare nella brevità tacitiana afferma l'autonomia differenziata e segue subito una grossa diga di contenimento di cemento armato e con guardie armate, che suona come una campana a morto per le Regioni che hanno chiesto di ottenere quei poteri in più consentiti dalla Costituzione. Dove voglio arrivare? Questo di fatto - a parte la solita solfa sul Sud e nulla sul Nord che meriterebbe qualche parolina - mostra l'attitudine verso le Regioni, che siano Ordinarie o Speciali. Una freddezza che non stupisce affatto: nella famosa riforma costituzionale di Matteo Renzi si era concretizzata una controriforma anti-regionalista ed i "pentastellati" non hanno mai chiarito bene che cosa pensino del regionalismo, ma hanno bocciato seccamente l'Autonomia differenziata poc'anzi descritta. Questo per dire che se, qui ed oggi, i valdostani dovessero trovarsi a chiedere l'Autonomia octroyée nel 1948 di sicuro questo Governo nascente avrebbe risposto "picche", ed è la medesima, forte e triste constatazione che porta a dire come l'indispensabile stagione di un secondo Statuto d'Autonomia oggi non trova terreno fertile e senza il "Principio dell'intesa" un eventuale proposta di Statuto di origine regionale finirebbe nel tritacarne di una visione purtroppo centralista. Ciò è facilitato dal fatto che - bisogna essere onesti - la Lega pare aver abbandonato la primigenia impostazione federalista, che aveva influenzato molto il quasi federalismo della riforma regionalista del 2001, in favore di una visione nazionalista. Vedremo ora cosa capiterà e la ripartizione attuale fra vincitori e vinti prima o poi arriverà al giudizio delle urne. Oggi - dovessi dire - trovo difficile che il nascente Governo possa durare molto, ma ci sono casi eminenti di Governi moribondi che si sono stancamente trascinati nel tempo per evitare - e questo Esecutivo lo è sin da subito - che si andasse al voto e nessun parlamentare può accettare che una Legislatura appena iniziata finisca subito per elementari elementi difesa del proprio seggio. Verrebbe voglia ora di darsi alla macchia per qualche mese, scegliendo - non so bene dove si possa trovare di questi tempi - un posticino senza connessione nella tundra siberiana o su di un'isola deserta di qualche arcipelago oceanico in cui gli unici contatti siano i paguri bernardi, per evitare i mesi che verranno e il profluvio di "bla bla" con cui verremo investiti. Anche il più ottimista (e qualcuno ne incontro e gode in sostanza per la Lega all'opposizione e non per la formula di governo) sa che sarà un percorso minato e chi dovrà scrivere la Finanziaria 2020 lo dovrà fare affrontando difficoltà indicibili senza poter troppo dire che è colpa di quelli prima... Ma bisogna restare sul posto per vedere come funzionerà il meccanismo di coerenza degli uni e degli altri. All'erta sto!