E' guardando un bel film, "Il professore e il pazzo" di P. B. Shemran (che cela l'identità di Farhad Safinia, iraniano giramondo), che mi si è accesa una lampadina per riguardare certe cose. La storia è tratta dal bestseller di Simon Winchester, che racconta della commovente amicizia tra il brillante professor James Murray (Mel Gibson), filologo britannico a cui venne affidato nel 1857 l'incarico di redigere l'"Oxford English Dictionary", e William Chester Minor (Sean Penn), un assassino rinchiuso in un manicomio criminale londinese (con uno spaccato da paura sulle terapie dell'epoca). A Murray, conoscitore esperto di decine di lingue e dialetti, venne affidata la redazione del primo dizionario al mondo di lingua inglese e, vista la difficoltà dell'impresa, fu lui a decidere di coinvolgere i cittadini, via posta, nell'approfondimento parola per parola.
Questo Minor, ex chirurgo militare americano, in manicomio per aver ucciso un uomo in un attacco di schizofrenia, riempì la sua cella con un enorme schedario pieno di vocaboli e citazioni, che inviava puntualmente ogni settimana a Murray. Questa collaborazione consentì all'opera di svoltare e nel film si racconta l'intreccio delle vite dei protagonisti. Mi è venuto così da pensare a questa vicenda dei dizionari con cui, come tutti, ho avuto a che fare. Ma intanto chiariamo un'ambiguità lessicale attraverso le parole di Luca Serianni della "Accademia della Crusca": «sul modello delle coppie francese "dictionnaire/vocabulaire" ed inglese "dictionary/vocabulary", anche nell'italiano di fine Novecento è andata affermandosi una distinzione tra "dizionario, opera lessicografica" («un dizionario italiano-russo», «va' a guardare nel dizionario») e "vocabolario, complesso di vocaboli e di locuzioni proprie di una lingua, di un dialetto, di una varietà settoriale o anche di un individuo": «il vocabolario medico», «l'esuberanza del vocabolario dannunziano», «l'acquisizione del vocabolario fondamentale nei primi anni di vita». Tuttavia - fermo restando il fatto che per questa seconda accezione è escluso il termine "dizionario" - è sempre possibile adoperare "vocabolario" in riferimento all'opera, sia nel linguaggio comune, sia in quello degli stessi lessicografi». Aggiungo che si deve proprio agli accademici della Crusca il primo "Vocabolario della lingua italiana", anzi ad essere precisi si trattava della codificazione lessicografica della lingua toscana. Uscito nel 1612, fu realizzato e pubblicato dalla "Accademia della Crusca", istituzione culturale fondata a Firenze nel 1583. E' stato anche il secondo grande vocabolario di una lingua moderna, preceduto solamente di un anno dal Tesoro della lingua spagnola di Sebastián de Covarrubias (1611). I dizionari/vocabolari restano per me, comunque, un punto di riferimento: da piccolo ho avuto la fortuna di averne in casa in italiano ed in francese e poi quelli di greco e di latino ed oggi, spesso, capita di dover computare quelli in inglese. Come non apprezzare poi l'opera interessantissima dedicata al patois francoprovenzale, pensando alle varietà che differiscono anche in paesi ad un tiro di schioppo. Ma il bello del film è capire il lavoro titanico di chi si spese sui primi dizionari ed anche oggi questi custodi della lingua sono in prima linea nel compito difficile di capirne l'evoluzione, che passa attraverso l'uso corrente delle parole con la nascita di neologismi e con quello straordinario travaso che avviene fra una lingua ed un'altra. Una materia vivente, in continua ebollizione, legata ai sacrifici di chi in un passato ormai remoto ebbe l'intuizione di congelare nei dizionari il magma linguistico. Questa vivezza della lingua, se recepita con la rapidità oggi consentita, rende ancora più interessante una celebre riflessione di Antonio Gramsci: «Il vocabolario è un museo di cadaveri imbalsamati, il linguaggio è l'intuizione vitale che a questi cadaveri dà nuova forma, nuova vita in quanto crea nuovi rapporti, nuovi periodi nei quali le singole parole riacquistano un significato proprio e attuale». Questo è vero: come le parole muoiono e rinascono sotto nuove forme, appaiono d'improvviso e si affermano, primeggiano per poi declinare, come organismi viventi attraverso quel dono meraviglioso che sono la parole e la scrittura.