E' interessante vedere come le grandi tragedie dell'umanità si riverberino poi nella storia comune delle famiglie. Così ritrovo, nelle lettere scritte da Palmi - dove cent'anni fa mio nonno era Sottoprefettto - ai suoi corrispondenti ad Aosta, da mia nonna Clémentine Roux nel racconto sofferto della morte da neonato del primogenito in quel paese della Calabria, che lei descriveva nel suo bel francese come un mondo lontano ed esotico. Il piccino si chiamava Séverin come il figlio che nacque successivamente alla sua morte, ed era stato consumato dalla terribile "febbre spagnola". Questa influenza colpì un secolo fa quasi tutto il mondo e fu una tragedia per l'umanità. Anche la Valle d'Aosta ne subì le conseguenze, comparativamente meno tragiche di quanto avvenne in altre Regioni.
A livello globale, si stima - anche se la forbice è molto ampia proprio per l'assenza di dati certi - che furono contagiati fra cinquecento milioni ed un miliardo di esseri umani su di una popolazione globale all'epoca di circa un miliardo ed ottocento milioni di individui. Per fare un paragone, attualmente l'influenza ogni anno mette a letto 250, cinquecento milioni di persone ma su una popolazione complessiva di oltre sei miliardi di persone. Non sappiamo e non sapremo mai con esattezza il numero di morti causato dalla "spagnola" nel mondo. Le stime più prudenti e più lontane nel tempo parlavano di 21,6 milioni di individui: secondo questi calcoli almeno un milione furono i morti in tutta l'America settentrionale e centrale, oltre 300mila in America latina, più di due milioni in Europa, oltre quindici milioni in Asia, quasi un milione in Oceania, un milione e trecentomila circa in Africa. Le ricerche moderne hanno consentito di ricalcolare il numero dei morti: si parla di una cifra complessiva compresa tra 24,7 e 39,3 milioni di individui (dati riferiti alla sola ondata autunnale) e più recentemente di cinquanta, cento milioni di decessi in tutto il mondo. Certamente la "spagnola" fece più vittime della Prima guerra mondiale che ne causò circa quindici milioni e delle altre pandemie di influenza della storia ("asiatica" del 1957: due, due milioni e mezzo; "cinese" del 1968: un milione). Da questo punto di vista fu la più terrificante epidemia della storia dell'uomo, condividendo il triste primato con la "peste nera" del 1300 che fu disastrosa in Valle d'Aosta. Trovo sul giornale "Le Temps" una bella intervista ad Anne Rasmussen, directrice d'études alla "Ecole des hautes études en sciences sociales" di Parigi a cura di Florence Rosier, che racconta - anzitutto - come la Spagna c'entrasse poco ed ecco da dove viene semmai il termine "febbre spagnola": «De la censure militaire qui régnait dans les pays en conflit. Pour ne pas miner le moral des civils, mais aussi pour ne pas renseigner l'ennemi, les militaires ont censuré la presse. La pandémie avait un nom de code: la "maladie onze". L'Espagne, quant à elle, était un pays neutre, non soumis à la censure. Le roi d'Espagne a lui-même été touché et la presse ibérique a donné un vaste écho à l'épidémie. Les médias européens et nord-américains se sont alors mis à parler de "grippe espagnole". Très vite, cependant, les médecins ont dit que cette pandémie ne provenait pas plus d'Espagne que d'ailleurs. Selon des chercheurs américains, le virus de 1918 (H1N1) était d'origine aviaire, probablement venu de Chine, et s'est adapté à l'homme». La stessa ricercatrice racconta come la pandemia creasse un clima terribile: «Pour les populations d'Europe déjà très éprouvées, ce nouveau fléau est une nouvelle épreuve extrêmement cruelle d'une catastrophe qui prolonge la catastrophe de la guerre, lui fait écho et l'amplifie, et qui ajoute le deuil au deuil. L'épidémie a semblé surgir de partout, sans qu'une chaîne de contagion paraisse relier les foyers infectieux. On sait aujourd'hui que la pandémie s'est propagée en trois vagues successives: au printemps 1918, à l'automne 1918 et durant l'hiver 1918-1919. La deuxième a été marquée par la brutalité de ses atteintes et leur caractère foudroyant. Ses causes ont fait polémique, la censure laissant le champ libre aux rumeurs les plus folles. Comment croire qu'une vulgaire grippe soit si virulente et meurtrière? Comment expliquer qu'elle ait pour cibles privilégiées les jeunes adultes, a priori plus résistants? On a évoqué la typhoïde, la dysenterie, la "fièvre des tranchées". L'asphyxie et la cyanose donnant aux mourants un teint noirâtre, on a aussi parlé de choléra. Bref, l'incertitude planait». Serve rievocare questa vicenda? Certo che serve, perché nessuno può escludere - a maggior ragione in un mondo così globalizzato - che una epidemia di questo genere possa scoppiare e certo la differenza, dopo un secolo, sta nei progressi medici e scientifici. Dovrebbero rifletterci tutti quei "no-vax", imbevuti di una fede quasi settaria, credendo e propagando una serie di storie inverosimili che creano una rete impressionante di accoliti nutriti di teorie cospirative e retroscena superstiziosi e con i quali il dialogo è impossibile per la loro evidente sordità e quella carica di aggressività contro chi non si irregimenta al loro pensiero. Naturalmente loro ascrivono, senza alcuna base credibile, la "spagnola" a vaccinazioni fatte ai militari nella Grande Guerra... A questo serve il ricordo degli avvenimenti, come ammonimento contro il rischio del virus antiscientifico, anche quello da debellare con l'unico strumento possibile: la cultura. Segnalo la meritevole iniziativa del medico Roberto Burioni, diventato molto famoso negli ultimi anni per la sua attività di informazione puntuale e corretta specialmente contro le "fake news" sui vaccini di cui è esperto, con un sito di divulgazione medica. Si chiama "MedicalFacts" e, come ha spiegato Burioni in un editoriale di presentazione e si può già vedere on line, ospita articoli, video, approfondimenti, inchieste, e tutto quello che può essere utile sapere riguardo al mondo della Salute con il necessario rigore scientifico contro l'invasione sul Web di baggianate.