In una di quelle serate estive oziose, per fortuna senza capo né coda, mi trovo per caso a scegliere un film alla televisione - piuttosto avara di pellicole interessanti - ed incappo in una storiella banale ma simpatica di ragazzi adolescenti, in epoca di Maturità (si tratta di un filone molto sfruttato), che intrecciano fra loro sentimenti vari, come avveniva per chiunque avesse un minimo di socialità da ragazzo. Il gioco - nel caso del film - è la scoperta di come si possa vivere comunque senza l'ossessione contemporanea della connessione, cioè chini attraverso gli apparati digitali in un mondo di "social" che finisce per svilire i rapporti interpersonali in carne ed ossa. Si tratta di un virus che ci colpisce tutti e che muta in negativo quei rapporti umani alla base della nostra vita e peggiora se ciò avviene in quel momento nascente in cui non sappiamo ancora che cosa sarà di noi.
Credo che ognuno abbia coscienza di questo insieme confuso di stati d'animo giovanili - formativi della nostra personalità - fatto di emozioni, liti, pasticci, bisticci e tutto quello che ci rendeva vivi in momenti cruciali ed era come fossero chiavi per passare alla purtroppo sopravvalutata età adulta. Eppure, al momento dovuto, smaniamo tutti per arrivarci pensando chissà che cosa. Ci sono, comunque li si valuti, dei riti di passaggio - fatti non solo da cerimonie ufficiali o prove prefissate - che celebrano in tutte le culture la transizione di una persona da una fase del ciclo di vita ad uno successivo, ricca di esperienze e cimenti di educazione sentimentale e di riconoscimento sociale cui non si sfugge. Vedi il caso, più o meno alla stessa ora, con una "macchina del tempo" che fa sorridere, si incrociavano pensieri con alcuni dei coetanei di una quarantina di anni fa, quando eravamo compagni di classe della III B del Liceo Classico "Carlo Botta" di Ivrea con cui vivemmo esattamente copioni di quel genere con noi - come eravamo al tempo - come attori protagonisti. Oggi per comunicare, invecchiati e diversi com'è normale che sia ma affiatati come può avvenire per complicità inossidabili, usiamo un gruppo "Whatsapp" ed è come ritrovarsi con spirito adolescenziale e goliardico. L'indomani - vedi il caso - durante una corsetta mattutina, ascolto, tratto da una compilation di bravi estivi, l'ultimo brano dei "Negrita", "Non torneranno più", che dice in alcune strofe: «Non torneranno più Le mille notti in bianco La gioventù al mio fianco, Roby Baggio e l'autostop Non torneranno più I miei vecchi polmoni La naia tra i coglioni, scioperi e università Io guardo sempre avanti Ho sogni più arroganti ma oggi no Non torneranno più Gli amori di un estate Le lingue consumate, gli occhi rossi e Kurt Cobain Non torneranno più I giorni da buttare Le sbronze prese male e le cattive compagnie». Immaginiamo che Baggio e Cobain siano scambiabili con altri e ognuno potrebbe riconoscersi, così come valeva per il film di cui dicevo all'inizio. Quei batticuori, quegli intrighi amorosi, quei piccoli drammi sentimentali, le liti e le riappacificazioni. In fondo l'adolescenza, i cui confini iniziali e finali appaiono sempre più confusi e mobili, è davvero per la propria educazione sentimentale un cimento continuo che forma il nostro carattere. E il tutto è completato da una ricerca di noi stessi frammista alla ben nota tempesta ormonale. Posso dire quanto siano preziosi quei momenti, facendo la tara di ogni rimpianto per il tempo che passa e per quanto necessariamente è passato? Ogni generazione si costruisce naturalmente un suo percorso e adatta caratteristiche universali e senza data all'aria dei tempi e all'impronta culturale. Mi auguro solo che l'ipnotismo della Rete non cancelli momenti essenziali e indimenticabili.