Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
14 ago 2018

Campzero: novità e riflessioni

di Luciano Caveri

Nell'approssimarsi del Ferragosto, appare in modo plastico - dovunque si vada in Valle d'Aosta - come il Turismo sia sempre più un settore importante (il doppio rispetto alla media italiana) e lo scrivo senza troppo entrare nel merito della stagione in corso. Non lo faccio anche perché c'è sempre il rischio di sbagliare: in apparenza giugno e luglio non sono stati un granché, ma esperienze del passato - pessimismo immediato, buoni esiti dei dati - invitano alla prudenza. Il che ci pone come alternativa: o sul breve vince il mugugno od i dati che raddrizzano l'impressione negativa a caldo non sono sempre probanti. Ma il settore turistico, pur tra molte contraddizione, resta un caposaldo e lo mostra il trend storicizzato di un'economia valdostana che, dal dopoguerra ad oggi, ha visto cambiamenti epocali. Pensiamo - con un cenno - all'esplodere dell'impiego pubblico, alla crescita dei servizi e al ridimensionamento brusco dell'agricoltura e dell'industria.

E, come dicevamo, il Turismo si è affermato, ma con qualche contraddizione. Vorrei segnalarne una in particolare, partendo da un'esperienza interessante e dì eccellenza. Ho visitato e testato in poche ore di permanenza il nuovo e innovativo hotel cinque stelle "Campzero" ad Ayas, al limitare del bosco della Consorteria nella zona di Frachey. Avevo conosciuto chi pensò ad un investimento alberghiero all'epoca in cui acquistò i terreni. Mi riferisco a Silvio Scaglia, geniale imprenditore nato con l'avvento della telefonia mobile e poi con tecnologie come la fibra ottica, che frequentava Antagnod e che è persona affabile e dalle grande intuizioni sui settori in cui investire i propri capitali. Alcune vicende personali - fu vittima di un macroscopico caso di ingiustizia con folle carcerazione preventiva - rallentarono la costruzione dell'albergo, che già tanti anni fa aveva immaginato come struttura innovativa e di classe. Ricordo alcune chiacchierate su un turismo di alta gamma, che Scaglia vedeva collegato all'allora avviatissimo (e poi stoppato per incuria di chi i doveva occuparsene in Regione) progetto aeroportuale, come mostra il caso di Sion e della clientela di élite delle stazioni vallesane. Aveva anche brillanti idee sul comprensorio sciistico del "Monterosa Ski". Ora il progetto alberghiero è diventato realtà con scelte architettoniche interessanti nel solco di uno stile contemporaneo con uso però di materiali tradizionali, che spiccano per le linee pulite ed armoniche, così come gli interni sono piacevoli e razionali. A firmare il progetto di questo "Active Luxury Resort" è stato lo studio "Bladidea", che ha pensato - su spinta di Scaglia, bravo alpinista - ad un turista sportivo che usa l'hotel come un campo base verso le montagne circostanti (con la supervisione di una giovane guida alpina di Ayas, Rudy Perronet), ma all'interno ha anche strutture sportive come una piscina per nuotare ed una palestra di roccia. Lo staff - sotto la guida del direttore, il valdostano Claudio Coriasco, vecchio amico - appare sorridente ed efficiente con punte di eccellenza nella cucina dello chef Luca Gubelli, i cui piatti, specie nel ristorante "Summit" sono all'insegna di una ricerca accurata e convincente. Per ora, in attesa che il rodaggio estivo porti alla stagione clou invernale ed in vista di un ingrandimento della struttura per ottimizzare il numero di camere e creare spazi di tipo congressuale, non sono molti i valdostani impiegati e non per cattiva volontà, visti i numerosi colloqui di lavoro effettuato in loco. Esiste di base un problema di conoscenza dell'inglese, necessario per la clientela cosmopolita del nuovo albergo. Ma esiste anche - e questo è il tema si cui riflettere - un numero ancora limitato di giovani valdostani, malgrado la progressiva estensione del lavoro della "Fondazione Turistica" sia nel settore scolastico vero e proprio che in quello della formazione, che entrano nella logica - piuttosto che iscriversi a scuole superiori a casaccio od aspettare un lavoro che sia quel che sia - del Turismo come impiego stabile per il futuro. Basta parlare con un amico che abbia un bar e un ristorante, così come appunto chi gestisca un albergo, per vedere come questa storia sia fondata e ci sia una resistenza a comprendere questa opportunità come uno sbocco professionale serio e che garantisce più stabilità di molte altre opportunità di lavoro. Su questo bisogna attivarsi con forme di persuasione: l'arrivo da fuori Valle di molte persone che suppliscono a personale locale non è di per sé stesso un aspetto patologico, rientrando nella normalità dei flussi stagionali, lo è quando in realtà ci si accorge di come ci siano valdostani che preferiscono restare disoccupati o vittime di continuo precariato proprio per una un'attitudine di partenza ostile ad un mondo turistico nel quale certo esistono orari e giornate di lavoro che non corrispondono a certi vantaggi del pubblico impiego. Ma chi ci lavora organizza la propria vita, sapendo spesso di lavorare la sera, nei fine settimana e nei periodi turistici, senza che caschi loro il mondo sulla testa. Che poi a questo debba corrispondere un bisogno formativo crescente per corrispondere alle esigenze del mercato è evidente, ma sarebbe assurdo immaginare un comparto turistico che risulti alla fine attrattivo perlopiù per una manodopera esterna che va e che viene, senza incidere stabilmente sugli assetti demografici delle zone montane e senza quel radicamento locale che è importante nel “racconto” del territorio, cui ciascun attore del settore deve compartecipare nel far vivere una vacanza al turista ospite.