Leggo tutti i giorni su "La Repubblica" la rubrica di lettere-intervento dei lettori "Invececoncita" a cura di Concita De Gregorio. Ieri sulla Catalogna scriveva Rossella Selmini e sottoscrivo con il cuore per una mia riflessione. E ciò vale soprattutto per un'opinione pubblica fomentata da commentatori sempre più ostili alla Catalogna con argomenti davvero da partito preso. Questo l'inizio: «Sono italiana, lavoro negli Stati Uniti, ho girato parecchio l'Europa, per ragioni personali e professionali. Vorrei parlare del meccanico di Reus, città del Sud della Catalogna, che si è rifiutato di revisionare l'auto di un agente della polizia nazionale spagnola e che per questo è stato denunciato per incitamento all'odio. Il meccanico di Reus ha spiegato con garbo che non era nulla di personale ma che, dopo quanto successo durante il referendum del 1° ottobre, semplicemente non se la sentiva di lavorare per un corpo di polizia che aveva preso a manganellate i suoi concittadini. Ho visto un'intervista a questo meccanico: una bella faccia catalana, con l'aria dignitosa e sobria».
Poi prosegue: «Un paese che ho cominciato a frequentare tanto tempo fa e a cui mi legano affetti profondi. Ho cominciato presto ad amare la sua lingua, che mi ricorda i dialetti emiliani dell'infanzia. A riconoscere alcuni tratti della sua cultura, come il perfezionismo e, solo apparentemente in contraddizione, l'incapacità di prendere tutto troppo sul serio. In Catalogna mi sono sentita a casa, forse come mai altrove, e lì ho incontrato la gente più aperta (e più europeista) d'Europa». Aggiunge con acutezza: «E' con grande tristezza, perciò, che seguo quello che sta succedendo e che osservo l'indifferenza, quando non l'ostilità, l'approssimazione con cui si discute della questione catalana in Italia, liquidata, con poche eccezioni, come un pericoloso micro-nazionalismo xenofobo. Non intendo aprire una discussione pro o contro l'indipendentismo, ma solo provare a spiegare perché trovo la causa catalana degna di attenzione e di rispetto». Poi l'aspetto europeista, quell'Unione assente e complice: «Ha a che fare con l'Europa, la democrazia, i diritti civili. In nessun modo si può restare indifferenti e meno che mai giustificare la repressione autoritaria che il governo spagnolo sta esercitando oggi in Catalogna. Episodi come quello del meccanico di Reus si contano a decine. Attivisti e politici che rimangono in carcere senza ragioni giuridiche valide, altri in esilio. Il numero di indagati che aumenta. Inviti più o meno autoritari a non esporre il fiocco giallo, simbolo della protesta per la libertà dei prigionieri politici. Il silenzio delle istituzioni europee dovrebbe preoccuparci tutti, e in particolare noi italiani che con il resto del Sud dell'Europa condividiamo una storia di democrazie fragili». «Viene più facile liquidare la causa catalana come romantica, idealista, o, peggio, sgangherata. Un po' come liquidare l'attenzione ai temi sociali come "buonismo". Essere romantici, idealisti e imbarcarsi in una operazione forse avventata, ma caparbia, pacifica e democratica è un'offesa al realismo e al cinismo imperanti». Condivido anche la stoccata finale: «Qualcuno ha detto che la "catalanofobia" di molti spagnoli non è solo dovuta al nazionalismo ma anche ad una sorta di invidia della capacità dei catalani di difendere i loro diritti. Forse vale anche per noi italiani, incapaci di provare curiosità, e meno che mai un po' di solidarietà con chi è disposto a prendere botte in una scuola per difendere una causa in cui crede. L'esempio di qualcuno che lotta sul serio, senza violenza, a due passi da casa nostra, dà quasi fastidio». Mi piace molto questa ultima sottolineatura è essenziale: senza violenza! E' bene segnalarlo in una politica italiana che assume anche in campagna elettorale caratteri brutali di violenza fisica - con i neofascisti ringalluzziti e certi centri sociali covo di rabbia incontrollata - e di violenza verbale e lo dimostrano i "Social" che raccolgono il peggio dell'odio, del rancore e del l'ignoranza. Sarebbe bene per tutti resettare la situazione. Con Karl Popper: «E in che cosa consiste fondamentalmente un modo civilizzato di comportarsi? Consiste nel ridurre la violenza. E' questa la funzione principale della civilizzazione ed è questo lo scopo dei nostri tentativi di migliorare il livello di civiltà delle nostre società».