E' sempre importante riflettere sulla formazione politica dei giovani valdostani. Senza quel passaggio di competenze di generazione in generazione, alla fine il pensiero autonomista sarebbe come una pianta ormai sterile destinata a seccare. Non si tratta di una logica di proselitismo nel senso di uno indottrinamento bovino che crei dei cittadini simili a robottini, cui infondere chissà che cosa. Ma si tratta di evitare che, nel bombardamento fatto di confusioni di cui oggi chiunque può cadere vittima, ci siano conoscenze di vario genere che consentano di poter discutere, con conoscenza di causa, sul futuro che verrà per la Valle d'Aosta e rafforzino chi si vuole interessare alla cosa pubblica. Perché se sarebbe assurdo voler "programmare" i giovani, così come sarebbe - al contrario - assurdo che avvenisse il contrario e cioè che ci fosse chi operi un'azione, per così dire, di controinformazione, veicolando idee e valori su filoni ben diversi che disperdano il patrimonio acquisito.
Non a caso mio zio Séverin Caveri - lo dimostrano i documenti - volle, gestita poi con efficacia da Corrado Gex, che nascesse in Valle d'Aosta quel "Collège universitaire d'Études fédéralistes", fondato nel 1961 in Valle d'Aosta dal direttore del "Centre international de Formation européenne", Alexandre Marc, in collaborazione appunto con la giovane Regione autonoma. La logica era - in assenza allora di un'Università valdostana - la necessità di avere in estate un insieme di lezioni in diverse materie attorno al tema del federalismo. Fu proprio l'assenza di un'ormai indispensabile impronta universitaria a fare spegnere, alcuni anni fa, questa iniziativa così importante. Testimonio di aver trovato spesso a Bruxelles persone di diversa estrazione e nazionalità che ricordavano con rimpianto i giorni trascorsi ad Aosta e la grande caratteristica cosmopolita di quella formazione. Non da quelle ceneri, ma in parte su di un filone simile, è nata questa "Scuola per la Democrazia", di cui si è tanto parlato in questi giorni e che vede fra i principali organizzatori quel politico di lungo corso che è Luciano Violante, che ricordo - l'ho sentito con le mio orecchie a Courmayeur, durante un dibattito sul referendum confermativo della legge Renzi-Boschi - essersi espresso per la soppressione delle Autonomie speciali, Valle d'Aosta compresa. Per altro basta vedere i relatori, gros bonnets della politica italiana, compreso il Presidente del Consiglio dei Ministri Paolo Gentiloni (che ha citato una lettera di Federico Chabod certo non in linea con le reali speranze autonomistiche dei valdostani dell'immediato dopoguerra), dando dunque un'impronta "italianista" nel senso di scarsa attenzione a quella visione più vasta a carattere europeista e soprattutto federalista che il "Collège" assicurava. Per carità, una cosa non esclude l'altra, è che il "Collège" non c'è più ed invece la formazione assume toni da parata su un dibattito, come dimostrano le cronache, legato a temi della politica nazionale con qualche cenno sull'Europa. Gli aspetti formativi - va detto con franchezza - penso dovrebbero avere una strutturazione diversa. Ma questo è quanto passano i tempi attuali, in cui in Valle d'Aosta ci si scontra nell'agone politico più per il piccolo cabotaggio che per i grandi viaggi... Trovo tutto ciò molto triste e infinitamente intriso di provincialismo. Come in altre occasioni, si ritiene in fondo che abbiamo bisogno di essere sempre istruiti dall'esterno e non certo percorrendo quelle vie di legame con altre comunità come la nostra. E' questo un segno di profonda debolezza, che rischia - se sommato alla crisi istituzionale nei rapporti con Roma, che sta impoverendo la Valle con un riparto fiscale punitivo, di cui alla "Scuola per la Democrazia" non si è fatto cenno - di fare di noi una sorta di terra di conquista di idee e di pensieri. Come la nostra Storia e la profondità di ragionamento di tanti padri fondatori della nostra Autonomia fosse materiale da vecchie anticaglie rispetto ai prodotti d'importazione, frutto nelle scelte degli oratori di alchimie piacione, dando un colpo al cerchio ed uno alla botte. Se il problema è la crescita di "homines novi" che diano linfa vitale all'Autonomismo, facendo in modo che ci sia un processo che eviti l'invecchiamento delle sue fondamenta, bisogna che ci sia il presupposto del passaggio del testimone che dica bene a chi sopravviene chi eravamo e chi siamo ed in un contesto che non sia solo fatto di conferenze ma di studio vero e proprio. In fondo il problema è quello di essere persone libere. Come ammoniva Étienne de La Boétie nel Cinquecento sul rischio di una servitù volontaria: «C'est la liberté: bien si grand et si doux que dès qu'elle est perdue tous les maux s'ensuivent, et que, sans elle, tous les autres biens, corrompus par la servitude, perdent entièrement leur goût et leur saveur».