La Valle d'Aosta è la quintessenza dell'alta montagna alpina. Non è un'opinione, ma la constatazione della realtà geografica, frutto di come ha agito l'orogenesi, espressione scientifica che - detta così - fa impressione, ma "orogènesi" è parola di facile lettura, venendo dalla fusione dal greco "ὄρος, rilievo, montagna + γένεσις, origine". Stupisce sempre pensare che queste cartoline panoramiche sotto i nostri occhi, cioè le nostre montagne attuali, sono il frutto di complesse vicende geologiche, che si sono sviluppate a partire da cento milioni anni fa e che fra cento milioni di anni - perché tutto si muove, millimetricamente, ma si muove - chissà cosa ci sarà dove siamo adesso, magari tornerà ad esserci un Oceano come all'origine!
Non potendo essere testimone oculare in futuro di quegli eventi, per ora mi godo il presente e quello che abbiamo la possibilità di ammirare e di percorrere. Nelle mie estati di questi anni, seguendo sentieri e non ascensioni alpinistiche (qualcosa ho fatto, ma poca cosa, in passato) mi convinco sempre di più del fatto che bisogna convincere i turisti, specie quelli italiani più restii a camminare, che il modo più bello per conoscere la Valle - non solo nelle sue bellezze naturali ma anche quel patrimonio particolare della nostra civiltà alpina - è quella di calzare le scarpe giuste e prendere il resto dell'attrezzatura e usare i propri piedi. Direi che c'è di tutto, nel senso della lunghezza, della durata e della fatica da applicare agli itinerari, così come ci sono sentieri o strade poderali di diversa qualità. Si possono anche scegliere come meta rifugi sempre più accoglienti o locali di ristoro che siano agriturismi o locali d'alta quota, così come esistono belvedere da cui si possono ammirare immagini uniche (io stesso ne scopri ogni tanto di nuovi) o anche pezzi di storia dell'architettura valdostana - penso a certi villaggi - con piccole perle di arte locale. Penso a quanto ha scritto un amico, fra i più grandi alpinisti viventi e montanaro vero e non raccontatore di gesta altrui non vissute: «Camminare per me significa entrare nella natura. Ed è per questo che cammino lentamente, non corro quasi mai. La Natura per me non è un campo da ginnastica. Io vado per vedere, per sentire, con tutti i miei sensi. Così il mio spirito entra negli alberi, nel prato, nei fiori. Le alte montagne sono per me un sentimento». Detto da uno che ha sfidato la morte nell'espressione più estrema dell'alpinismo su tutti gli "ottimila" del mondo, di cui ha conquistato la vetta, mi colpisce molto. E' conscio - e lo fatto con la rete museale che ha concepito sulle Dolomiti in cui la figura dell'abitante della montagna emerge nel suo valore - che sotto le vette può pullulare un turismo "en marche" (vabbè seguo il flusso politico...) che può dare una grande chance per le Alpi intere e molti tour attorno alle principiali montagne e lungo tutte le Alpi, come una ragnatela di proposte, ne sono un bel esempio. Quando, ancora ieri, ho incontrato atleti che - lo dico con rispetto per loro e per la loro voglia di agonismo - si allenano correndo come stambecchi lungo i sentieri per allenarsi mi verrebbe voglia di fermarli, mio fiatone permettendo, e dir loro: «E la famiglia dove l'avete lasciata?». Nel senso che bisogna animare questa nostra montagna, come chiave per il turismo futuro è sarebbe bello che chi la ama allargasse il giro. Ma resta anche chiaro come la montagna resti una delle fondamentali chiavi identitarie dei valdostani. E' vero che basterebbe una sana civilisation valdôtaine per imparare alcuni rudimenti di base di storia e geografia locale, ma percorrere "pedibus calcantibus" (ma pure in bicicletta) in alte o basse vie la Valle può essere un valido complemento e non bisogna pensare che spetti farlo solo alla scuola, perché riguarda invece tutti quelli che ci credono e che desiderano consentire ai più giovani di imparare l'anima delle nostre montagne e - come naturale proseguimento di una presa di coscienza - della straordinaria "internazionale delle montagne", di cui a giusto titolo facciamo parte.