Mi veniva da sorridere in questi giorni - e capirete perché - a pensare ad un'espressione che mi è capitato di adoperare, anche rifacendomi alle vicende valdostane, quando certi fatti rimanevano oscuri e finiti forse in qualche cassetto assai profondo, vale a dire: «Ci sarà pure un giudice a Berlino». Per capirne il significato, meglio diffidare di semplificazione da Internet e rifarsi semmai ad una vecchia rubrica del coltissimo Umberto Eco. Così scriveva per svelare la frase ormai di uso comune: «Come nasca e come si diffonda la storia del giudice a Berlino è faccenda complessa. Se andate su Internet vedrete che tutti i siti attribuiscono la frase a Brecht, ma nessuno dice da quale opera. Comunque la cosa è irrilevante perché in tal caso Brecht avrebbe semplicemente citato una vecchia vicenda».
«I bambini tedeschi hanno sempre trovato l'aneddoto nei loro libri di lettura - continua Eco - della faccenda si erano occupati vari scrittori sin dal Settecento e nel 1958 Peter Hacks aveva scritto un dramma ("Der Müller von Sanssouci"), di ispirazione marxista, dicendo che era stato ispirato da Brecht, ma senza precisare in qual modo. Se proprio volete avere un resoconto di quel celebre processo, che non è per nulla leggenda, come molti siti di Internet, mendaci per natura, dicono, dovreste ricuperare un vetusto libro di Emilio Broglio, "Il Regno di Federico di Prussia, detto il Grande", Roma, 1880, con tutti i gradi di giudizio seguiti per filo e per segno. Riassumendo, non lontano dal celebre castello di Sanssouci a Potsdam, il mugnaio Arnold non può più pagare le tasse al conte di Schmettau perché il barone von Gersdof aveva deviato certe acque per interessi suoi e il mulino di Arnold non poteva più funzionare. Schmettau trascina Arnold davanti a un giudice locale, che condanna il mugnaio a perdere il mulino. Ma Arnold non si rassegna e riesce a portare la sua questione sino al tribunale di Berlino. Qui all'inizio alcuni giudici si pronunciano ancora contro di lui ma alla fine Federico il Grande, esaminando gli atti e vedendo che il poveretto era vittima di una palese ingiustizia, non solo lo reintegra nei suoi diritti ma manda in fortezza per un anno i giudici felloni. Non è proprio un apologo sulla separazione dei poteri, diventa una leggenda sul senso di equità di un despota illuminato, ma il "ci sarà pure un giudice a Berlino" è rimasto da allora come espressione di speranza nell'imparzialità della giustizia». Perché sorridevo? Perché quando uscì il "dieselgate" scoprii che proprio il Gruppo Audi-Volkswagen, da cui avevo comprato quasi tutte le macchine avute nella mia vita, taroccava il software delle centraline elettroniche per rientrare nei parametri dell'inquinamento negli Stati Uniti (la tecnologia riconosceva quando la macchina era sui rulli per i test), appurando poi con dispiacere rispetto alla supposta serietà teutonica che anche il motore diesel "euro 5" della mia vettura faceva parte del mazzo. In verità lo seppi ufficialmente molto tempo dopo, quando arrivò la lettera, assai fredda e burocratica, in cui mi dicevano - direi per nulla pentiti di avermi ingannato - che da lì a poco sarei stato chiamato per un intervento gratuito (ci mancava che mi facessero pagare!) con cui avrebbero rimesso a norma la centralina alterata ed è quanto avvenne parecchi mesi dopo sempre con un approccio che pareva esclusivamente come togliersi un mal di pancia. Proprio negli stessi giorni - e per evitare cause milionarie - la casa automobilistica tedesca annunciava risarcimenti negli Stati Uniti, dove le "class action", cioè le cause collettive sono una cosa seria, una media di settemila dollari a cranio, mentre gli utenti europei restavano a becco asciutto. Ma ora, anch'io, aspetto che un giudice - non di Berlino, perché i tedeschi sono stati omissivi... - ma di Venezia, che ha già incardinato la causa, decida se dovrò essere o no risarcito, visto che partecipo con altri numerosi automobilisti alla "class action" proposta in Tribunale da "Altroconsumo" proprio rispetto alla scorretta omologazione dei dati delle emissioni nocive ed al danno che, come acquirente, ho di conseguenza avuto. Vedremo se con questa iniziativa arriverà qualcosa: si tratterebbe, se si portasse a casa il risultato, di una scelta di equità e la dimostrazione che certi miei scetticismi sull'uso della "class action" all'italiana risultavano essere un pregiudizio.