Umberto Eco dimostrò per tutta la sua vita la capacità di approfondire tendenze di costume, come fece sin dal 1961, con il suo "Fenomenologia di Mike Bongiorno", celebre scritto uscito per la prima volta con il "Diario Minimo". Fu uno sguardo penetrante sulla nascente "Rai", di cui Eco fu dipendente agli esordi della televisione a Torino. Sul celebre presentatore non fu tenerissimo: "Mike Bongiorno convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti".
Anni dopo, quando Mike morì, un giornalista di "Vanity Fair", Giuseppe Genna, immaginò che cosa Mike avrebbe potuto rispondere: «Umberto Eco ha scritto su di me una "Fenomenologia di Mike Bongiorno", in cui afferma testualmente: "Mike Bongiorno non è particolarmente bello, atletico, coraggioso, intelligente. Rappresenta, biologicamente parlando, un grado modesto di adattamento all'ambiente". Non è vero. Io mi sono sempre adattato a qualunque situazione, mentre Umberto Eco no. Lui si fidanzò con Enza Sampò, io non mi sono mai fidanzato con una come Delia Scala. Io sono stato in mongolfiera sul Cervino, Eco no. Io ho fatto la guerra e sono stato internato, Eco no. Io ho fatto l'eco in uno spot, Eco no. Io ho creato un immaginario collettivo, Eco no. A me faranno funerali di Stato in Duomo e verranno tantissime persone commosse, mentre ciò non accadrà per Eco. (...) Io sono stato letteralmente atletico (fatemi fare uno slalom parallelo con Umberto Eco e poi vediamo), coraggioso (mettete Eco in un pallone aerostatico e poi osservate gli effetti), intelligente (io ho vissuto non leggendo mai e sono stato decisamente meglio di Eco, che ha letto tantissimo, segno di poco acume)". Per onestà - al di là del fatto che sul Cervino Mike ci era salito con l'elicottero, che non riusciva più a recuperarlo, perché si era rannuvolato - va detto che, almeno per i funerali, ci fu un pari patta con grande partecipazione per entrambi: come detto, funerale religioso nel Duomo di Milano per l'85enne Bongiorno (settembre 2009) e funerale laico al Castello Sforzesco della stessa città per l'84enne Eco (febbraio 2016). Mi sarebbe piaciuto se Eco avesse avuto la possibilità di scrivere sul fenomeno di successo musicale incredibile, specie fra i bambini, di Fabio Rovazzi, pseudonimo di Fabio Piccolrovazzi (Milano, 18 gennaio 1994), cantante e videomaker italiano. Dopo "Andiamo a comandare", incredibile tormentone del 2016, doppiato nell'autunno dello stesso anno con "Tutto molto interessante", cui ora si è aggiunto, in vista dell'estate, il "Volare" (titolo che mi aveva tratto in inganno e fatto pensare ad un remix di "Nel blu dipinto di blu") in coppia con l'inossidabile Gianni Morandi, che ricordo dai tempi di "Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte" in 45 giri. Mio figlio seienne sta già imparando a memoria l'ultimo brano, come già avvenne con quelli prima. Come sempre, brano musicale e videoclip apposito con storiellina (questa volta si gioca sul rapimento della moglie di Morandi per obbligarlo a cantare) sono inseparabili per il successo del refrain ossessivo - questa volta - "Mi fa volare", che ci martellerà per mesi. Questa ripetitività, che è sempre condita da una musicalità facile facile, è accompagnata da questa faccia infantile con baffetto imberbe di questo Rovazzi, che fa simpatia. Miscela di successo - frutto di abilità - che mostra l'aria dei tempi, che può fare storcere il naso, ma "sfonda" con i giovanissimi e gli snob se ne facciano una ragione.