Intanto: auguri di Buona Pasqua! Chissà che fine avranno fatto - probabilmente usucapiti - gli ulivi ereditati, nell'entroterra ligure, da mio nonno Emilio: figlie e nipoti, me compresi, se ne sono disinteressati. Eppure qualche legame con questi ulivi ce l'ho, visto che non mi stanco mai - quando mi capita la fortuna di trovare degli uliveti - di ammirare questa pianta e le sue straordinarie forme. Come non pensare ai versi di Eugenio Montale: «Pure colline chiudevano d'intorno marina e case; ulivi le vestivano qua e là disseminati come greggi, o tenui come il fumo di un casale che veleggi la faccia candente del cielo».
Ma poi, sin da bambino, vedevo quei residui di ulivi di epoca antica, protetti dal gelo per la posizione soleggiata, sotto la Collegiata di Saint-Gilles a Verrès, dimostrazione di una Valle d'Aosta, che dal fondovalle alle cime raccoglie microclimi così diversi. E l'altro giorno mio figlio è sceso da quella chiesa con un grosso ramo d'ulivo, tratto dal giardino della famiglia verreziese Thoux, con annessa la mela benedetta, come avviene in Valle nella domenica delle Palme. E così Pasqua - quando si parla di Pace, come uno degli elementi cardine nel tripudio della Resurrezione in tempo primaverile di rinascita della Natura (un tempo in Valle d'Aosta nel pomeriggio di Pasquetta si imbottigliava il vino, seguendo la luna buona) - finisce per essere legata anch'essa a questa vecchia storia della pace. L'ulivo per gli antichi greci era considerato una pianta sacra, usata per le corone degli atleti vincitori delle Olimpiadi. Per i Romani l'ulivo era il simbolo più alto per onorare gli uomini illustri. Nella tradizione ebraica era simbolo di giustizia e sapienza; infatti, nel libro della Genesi si racconta che, dopo il diluvio universale, una colomba portasse a Noè un ramoscello d'ulivo, per annunciargli che Terra e Cielo si erano finalmente riconciliati. Per i Cristiani l'ulivo rappresenta Cristo stesso che, mediante il suo sacrificio, diventa strumento di riconciliazione e di pace per l'umanità. E fa impressione pensare all'antica tradizione del sacrificio degli agnelli pasquali ed a quell'assonanza derivante dalla citazione a tutti nota del l'Agnello di Dio in riferimento a Gesù e al suo sacrificio. Osservava il Cardinale Carlo Maria Martini: «Potremmo dire che sulla parola "pace" non c'è pace, perché lungo i secoli della storia e ancora oggi essa viene intesa in maniere molto diverse, spesso restrittive. L'antichità classica considerava la pace semplicemente come una tregua tra due guerre, costituendo le guerre una condizione quasi permanente dell'umanità. Oppure si può pensare a una pace imposta con la forza delle armi, con la conquista, come avveniva al tempo dei romani. Nella versione più moderna, c'è la pace sicurezza, che è il risultato dell'equilibrio del terrore, delle forze che potrebbero annientarci e che, quindi, potenzialmente si elidono. Nei suoi significati più profondi, la pace significa armonia: armonia dell'uomo con Dio, dell'uomo con il suo prossimo e dell'uomo con la terra. Questa è la visione biblica armonica dei primi capitoli del libro della Genesi. E, ancora, c'è la pace-comunione: comunione profonda di amore di Dio con l'uomo e degli uomini tra loro, che è la pace portata da Gesù. La pace dunque è composta di tanti elementi, ha il suo culmine nella pace-comunione e tuttavia non trascura le altre realtà e le altre situazioni terrene. Proprio per questo, è necessario continuamente ripensarla, riproporla nei termini attuali, affinché non sia una semplice astrazione, una semplice ideologia». Anche questa Pasqua 2017 conferma questo rischio: una visione alta e aulica, cui sembra quasi mai corrispondere la cupa realtà e basta pensare agli scenari di guerra che si agitano contro le minacce nucleari di Kim Jong-un, dittatore nordcoreano, nel Nordest asiatico. Oggi i giornali italiani raccontano della parata militari con i missili "antiamericani" e segnalano l'assenza di un test missilistico, che stamattina si scopre invece esserci stato, ma fallito... A Pyongyang la nostra Pasqua non interessa.