Ormai anche in Italia ci sono i "sovranisti", termine che viene in origine dal francese e che ha un duplice e contraddittorio significato. Mentre infatti in un vocabolario italiano il termine di riferimento non c'è ancora in francese si legge appunto: "En France, le souverainisme est entendu comme une opposition à la fédéralisation de l'Union européenne; alors qu'au Québec, le souverainisme se traduit par une opposition au fédéralisme canadien". Nella salsa italiana i sovranisti sono multicolori, ma in queste ore spiccano - perché in difficoltà - Beppe Grillo e Matteo Salvini, che riuscivano sino a poche ore fa a tenere il piede in due scarpe nella confusione populista che interpretano: essere supporter sia di Donald Trump che di Vladimir Putin. Con le vicende siriane di queste ore ora sono in confusione.
D'improvviso con questa recrudescenza di minacce belliche spunta, se mai c'è stata del tutto, la fine di un'illusione che aveva entusiasmato la mia generazione. Avevo tre anni, quando ai confini di Berlino Ovest iniziò la costruzione del Muro che sancì la divisione tra le due Germanie e l'esistenza di due Europe. Ne avevo trentuno alla caduta del Muro di Berlino che mise fine alla divisione della città, innescando la caduta dei regimi comunisti di Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Bulgaria e Romania, che diventarono Stati democratici. Sono stato bimbo e poi sono cresciuto negli anni della "guerra fredda", dall'inglese "cold war", espressione che si deve al giornalista americano Walter Lippmann (1889-1974) per descrivere un'ostilità fra Stati Uniti ed Unione Sovietica (sciolta nel 1991). Una sorta di stallo, aspettando una guerra frontale tra le due superpotenze, che per fortuna non arrivò anche a causa del pericolo per la sopravvivenza dell'umanità rappresentato da un eventuale ricorso alle armi nucleari. Vi furono comunque "momenti caldi": dalla crisi dei missili di Cuba del 1962 a guerre vere e proprie come quelle in Corea (1950-1953) ed in Vietnam (conclusa nel 1975). Quel bipolarismo nel tempo è cambiato, basti pensare a cosa è diventata l'Unione Europea e che cosa la Cina. E pareva che alla fine un modus vivendi si fosse trovato. Ora proprio Trump con sempre gli stessi Stati Uniti e Putin con la sua Russia ripartono in tromba e intanto la minaccia atomica si è fatta ancora più incombente. Anche se se ne parla poco. Lo diceva bene, ieri sul "Corriere", rispondendo ad un lettore, Aldo Cazzullo: «La proliferazione nucleare è la grande desaparecida della discussione pubblica. La bomba atomica, chiamata solo Bomba, con la maiuscola, faceva molta più paura quando ce n'erano meno ed erano saldamente controllate da poche grandi potenze. Si costruivano rifugi antiatomici sotto casa. Si giravano film catastrofisti tipo "The Day after", con i sopravvissuti che si abbracciavano attorno al fuoco. Sting auspicava che "pure i russi amassero i loro figli". Oggi il mondo si sta riarmando. Di Bombe ce ne sono molte di più e il loro controllo è spesso labile. Il problema non è tanto la Corea del Nord, che fa quello che i cinesi le dicono di fare. Il problema è il terrorismo islamico. Che ha già dimostrato di essere pronto a sacrificare i propri uomini pur di uccidere israeliani, americani, europei. I terroristi islamici fanno il nido in Stati falliti o controllati dai loro amici. Se dovessero impadronirsi di armi atomiche o chimiche, sarebbero disposti a fare quello che i comunisti (spietati e sanguinari al loro interno con intere classi sociali ed etnie) non osarono: usarle. Contro civili innocenti. Trump non sbaglia a colpire le basi da cui Assad massacra il suo popolo (provocando un curioso rovesciamento: oggi chi criticava Trump lo osanna e chi lo osannava, da Putin a Marine Le Pen e nel suo piccolo Salvini, lo critica). Sbaglia a rilanciare la corsa all'atomica, prontamente imitato dalle altre potenze. Governare il mondo globale significa occuparsi di questioni tra loro connesse: l'esplosione demografica che giustamente angosciava Giovanni Sartori, l'emergenza ambientale, il terrorismo e appunto le armi non convenzionali. Rispetto alla guerra fredda abbiamo un solo vantaggio: la consapevolezza che la terra e l'uomo non sono immortali. E quindi nessuno può chiamarsi fuori. Neppure la pavida Europa». Sottoscrivo tutto, ma con il timore che in fondo esistano ancora troppe persone cui non è ben chiara quella minaccia che incombe in modo spaventoso. Albert Einstein, che sul pericolo nucleare scrisse moltissimo, ammoniva con disarmante semplicità: «Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre».