Se penso allo zaino mi viene in mente quello di mio papà, che si portava in spalla da buon veterinario di montagna quando nel dopoguerra non sempre si raggiungevano le stalle con degli automezzi e si doveva portare dietro attrezzi e medicine. Era di tela con legacci e rinforzi in pelle: quando ormai girava dappertutto con l'auto grazie alla progressiva realizzazione della rete stradale, è capitato anche a me di adoperarlo. Per chi vada in montagna lo zaino era un obbligo e ricordo modelli più piccolini per quando eravamo bambini, cui attaccavamo la borraccia e mettevamo sulle spalle con fierezza come si trattasse di chissà quale riconoscimento. Esiste, senza farla troppo grossa, una sorta di etica dello "zaino in spalla", che resta preziosa nella vita. Tu, piccolino, vieni educato a quel peso e a camminare, magari illuso -quando sei stanco - dalla promessa che manca poco ad arrivare, basta aver pazienza e fare ancora un po' di fatica. È arrivato alla meta si cavava dallo zaino il pranzo al sacco ed era una piccola gioia, che provo ancora adesso in certe escursioni.
Leggo sul prezioso "Etimologico" quanto la parola "zaino" sia antica, essendo un prestito dal germanico medievale: "deriva dal longobardo "*zain(j)a, cesto di vimini", che passa nell'alto tedesco "zeina", significato conservato dal toscano "zana"; nelle denominazioni dei contenitori che servono a trasportare cibi o altro, si osserva che il materiale del contenitore non è essenziale alla sua identificazione e quindi lo stesso nome può essere impiegato per designare contenitori di materiali diversi (pelle, legno, metallo, fibre vegetali)". Ho trovato un articolo interessante su "Le Monde" di qualche anno fa, scritto da Julien Neuville: «Dès la préhistoire, les hommes inventent poteries et outres pour transporter les denrées alimentaires et le matériel. A partir du XIe siècle, la hotte en osier apparaît et se porte parfois sur le dos. Au XVIIe siècle, on construit des cadres en bois fixés aux épaules à l'aide de lanières en cuir. Deux cents ans plus tard, un grand sac de cuir est attaché à des cadres, créant le premier sac à dos. En 1909, le bois est remplacé par du métal, le cuir par de la toile, et le modèle est déposé par Ole F. Bergan, puis développé en France par Millet et Lafuma. Dans les années 1950, l'Américain Dick Kelly invente un produit en aluminium plus léger, avec une sangle au niveau de la taille. Dans les années 1970, certaines marques profitent de l'essor des activités de plein air pour sortir des collections destinées à la ville. Le sac à dos entre dans les universités américaines. En France, il remplace le cartable en cuir au collège et au lycée à la fin des années 1980. Recherche du confort, influence grandissante des années 1990 ou retour d'une esthétique "montagnard 1930", le sac à dos arrive dans les collections des maisons de luxe, qui le libèrent de son image "scout toujours"». Ebbene, il fenomeno è proseguito e non solo nel settore scolastico ormai impazzano le mode, ma gli stilisti di grido lo considerano - anche nelle recenti collezioni, pur rimpicciolito (lo zainetto!) - un oggetto fashion. Guardatevi attorno a voi nella quotidianità o anche in vacanza. Lo zaino è ormai dappertutto e dilaga persino al posto di certe valigie o valigette portadocumenti, ma senza perdere un uso nello sport e le montagne restano luogo privilegiato per modelli sempre più tecnici come materiale e design. Io lo uso, oltreché per le gite, quando vado in vacanza come bagaglio a mano o per avere andando in giro l'essenziale a portata di mano, ritenendo il borsello e il marsupio un obbrobrio. Considero la scelta di che cosa metterci dentro un interessante esercizio di sintesi per decidere ciò che è utile e importante avere con me. Ma riecheggia anche in questo caso l'insegnamento alpino di portare con se lo stretto necessario, evitando cose e pesi inutili. A pensarci bene: nello zaino come nella vita.