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28 set 2016

Un Ponte pro referendum

di Luciano Caveri

Sulla questione del Ponte di Messina, ripartito con il discorso di Matteo Renzi per l'anniversario dell'Impresa che sta facendo causa allo Stato per un miliardo di euro perché interruppe l'opera (intervento nel posto sbagliato che in un Paese civile gli costerebbe il posto, ma siamo in Italia...), viene sempre e anzitutto da ridere, ma poi - con la facilità con cui si passa dal riso al pianto nelle sceneggiate napoletane - vien proprio da piangere. Ovvio che Renzi l'ha fatto per spingere verso il "sì" al referendum e c'è da chiedersi cosa diavolo inventerà fra una promessa ed una prebenda per evitare di scivolare ineluttabilmente fuori da Palazzo Chigi. Fuori dove, sia chiaro, lo attende il vuoto. Quando leggo del Ponte mi sembra di ringiovanire: nei lunghi anni vissuti alla Camera dei Deputati il fantasma del Ponte di Messina è stato evocato in quasi tutte le leggi finanziarie ed ha macinato, senza avere messo neanche un mattone, oltre un miliardo di euro. Per essere un fantasma è risultato piuttosto costoso, anche se in effetti la distanza dalla costa calabra a quella siciliana non è mostruosa in termini chilometrici (più o meno quanto c'è fra il centro di Aosta e quello di Gressan, per usare un esempio che faccia capire di cosa si parla), ma lo è per l'arditezza dell'opera.

Eppure per la gran parte dei parlamentari del Sud quest'opera impressionante e costosissima, che doveva sfidare pure l'alta sismicità della zona con annessi maremoti e i venti che soffiano spesso in modo dirompente, aveva ed ha ancora un significato simbolico, come si vede ogni volta dall'aria sognante dell'attuale ministro dell'Interno, nonché leader del "Nuovo Centrodestra", Angelino Alfano, che ha rilanciato più volte attraverso i suoi uomini il "Ponte" per eccellenza, che pareva ormai sepolto dalla crisi e dal buonsenso. Essendo altre le priorità del Mezzogiorno ed in considerazione del fatto che le casse pubbliche dell'Italia non sono in buone condizioni e certe opere in corso - penso ai trafori ferroviari della "Torino - Lione" e del "Brennero" - già stenteranno a trovare i necessari finanziamenti nazionali. Ma Renzi, bluffando come un giocatore di poker, ora rilancio senza "se" e senza "ma". Mah! Certo è che, a leggere la storia delle speranze di realizzare il Ponte ce n'è per tutti i gusti: dai romani con Plinio il Vecchio che racconta - ma chissà se è vero - di un ponte fatto di barche e botti per trasportare dalla Sicilia 140 elefanti catturati ai Cartaginesi. Altri personaggi storici - tipo Carlo Magno - pare avessero evocato la necessità di un ponte, ma in verità per avere qualcosa di concreto bisogna balzare al 1840, quando Ferdinando II di Borbone, Re delle Due Sicilie, diede l'incarico ad un gruppo di architetti ed ingegneri dell'epoca di fornirgli idee per la costruzione. Dopo l'Unità d'Italia ci furono diversi progetti, fra ponti e tunnel sottomarini, e pare che lo stesso Benito Mussolini si interessò all'opera, ripresa poi nel secondo dopoguerra con le soluzioni costruttive le più innovative e talvolta fantasiose, spesso proposte dai privati e in un caso pure dalla neonata Regione Siciliana. Dalla fine degli anni Sessanta lo Stato spinge sull'acceleratore con studi di fattibilità di tutti i generi. Nel 1979 il presidente del Consiglio, Francesco Cossiga, dà la sua approvazione alla costituzione della società concessionaria "Stretto di Messina SpA" che verrà quindi costituita tre anni dopo e da lì si mette in moto una macchina infernale mangiasoldi con un progetto preliminare all'inizio degli anni Novanta, che passa le "forche caudine" delle diverse autorità interessate. Nell'ottobre 2005, durante il Governo Berlusconi, imprese associate capeggiate da "Impregilo SpA" vinsero la gara d'appalto come contraente generale per la costruzione dell'opera con un'offerta di 3,88 miliardi di euro. Ma già allora si disse che il Ponte sarebbe costato molto di più. L'anno successivo venne firmato ufficialmente il contratto per la progettazione finale e la realizzazione dell'opera. Con l'insediamento del nuovo Governo Prodi, nel 2006, l'iter si bloccò nuovamente, contraddetto dal nuovo Governo Berlusconi nel 2008 e nel 2009 si avviarono i primi cantieri. Da segnalare che nell'ottobre 2011 l'Unione Europea non incluse il Ponte sullo stretto tra le opere pubbliche destinate a ricevere finanziamenti comunitari e l'anno successivo, accettando il pagamento di trecento milioni di euro di penali, il Governo Monti chiuse nel 2012 la partita (come aveva ben fatto anche per le Olimpiadi di Roma del 2020), che ora qualcuno vorrebbe riaprire e che - bisogna dirlo? - suscita molti appetiti. Da questa storia non si ricava un granché, se non che il Ponte sale e scende nei gradimenti con impressionante velocità ed attraversa di fatto secoli di Storia con un nulla di fatto. Resta da chiedersi, pensando alle povere infrastrutture stradali e ferroviarie afferenti il Ponte sia per arrivare in Calabria sia nel tratto siciliano, il fatidico: «perché?». La domanda, cui ho già dato risposta, è retorica. Ma oggi la risposta è: «si tratta di una rozza calamita in vista del referendum, anche se ma pare più un autogol».