"Avere la botte piena e la moglie ubriaca" è impossibile, come dimostra la saggezza popolare. Capisco dunque - ed in parte compatisco - chi oggi si trovi a gestire la finanza pubblica e deve fare l'equilibrista per il venir meno di certe risorse economiche su cui era stato tarato il funzionamento della macchina amministrativa, per altro difficile da toccare. Anche se, per usare sempre dei proverbi, per qualcuno si potrebbe dire "chi è causa del suo mal pianga sé stesso…". Il caso valdostano è difatti esemplare: negli ultimi anni - evidentemente per una serie di ragioni concomitanti, compresi errori di valutazione e ingenuità politiche - i trasferimenti finanziari sulla base del riparto fiscale hanno subito un taglio netto: ho letto che si valutano ormai attorno al quaranta per cento.
Una cura neppure dimagrante, ma un tentato omicidio, se mi si permette l'immagine un po' forte. Poi è vero che di tanto in tanto - pensando al peso politico che il voto del senatore valdostano ha a Palazzo Madama per una maggioranza spesso risicata - arriva qualche fondo suppletivo, ma la modalità è sempre dubbia, perché sa abbastanza di elemosina e non dei diritti granitici che dovrebbero derivare dal carattere pattizio degli aspetti finanziari, come sanciti dallo Statuto, ma soprattutto dalle norme d'attuazione. Per altro la Regione Valle d'Aosta, nella sua attuale maggioranza dal carattere marcatamente verticistico - ha fatto delle scelte sull'utilizzo delle sue risorse, una delle quali è stata riversare sul sistema autonomistico, cioè in buona sostanza i Comuni, una parte assai pesante dei "tagli". Mi veniva da sorridere, giorni fa, della celebrazione della rinascita dei Comuni del dopoguerra (ma la vera riforma, da me firmata, risale alla competenza esclusiva sugli Enti locali del 1993, il cui ventennio non venne celebrato, perché sono nell'elenco dei "cattivi"), quando tutti sanno delle perenne batosta che ha reso la nostra Autonomia locale così fragile da aver sostituito la certezza delle risorse con una specie di roulette sui bilanci, cui si aggiunge il ritorno di certe leggi di settore che baciano Tizio o Sempronio, come se la finanza pubblica fosse facilmente sottoponibile alle simpatie del momento. In questo discorso ci sono a catena delle riflessioni. La prima è che, seguendo Trento e Bolzano, bisognerebbe rimettere mano al riparto fiscale come si è delineato negli ultimi anni e farlo su un periodo di lunga gittata. La seconda è denunciare certa demagogia renziana sulla diminuzione delle tasse - che pure colpisce il riparto - ma che lo Stato compensa tagliando i fondi alla democrazia locale, noi compresi, cornuti e mazziati, obbligando in prospettiva sempre più a sostituire certo denaro con imposizioni fiscali locali. Per cui i cattivi tassatori sono gli amministratori locali e non quelli centrali, con il paradosso valdostano dei sindaci che fanno da gabellieri di soldi che - nel nome della solita eccessiva ricchezza della Valle d'Aosta - affluiscono in buona parte a Roma. Anche in questo caso cornuti e mazziati. Ma l'aspetto più grave riguarda il sistema di protezione sociale - chiamiamolo per comodità welfare o "Stato Sociale", se non vogliamo usare il bel termine francese "Etat-Providence" - ed il colpo mortale che giorno dopo giorno sta ricevendo, in parte sostituito da logiche di Palazzo Chigi fatte di contributi a pioggia, che nascono per fare impressione a chi riceva l'improvviso schizzo, mentre ha smesso di piovere in settori fondamentali come scuola e sanità. L'immagine plastica in Valle d’Aosta sono i tagli nel settore degli anziani, aiutati da appalti che attireranno grandi e fameliche cooperative esterne e ridimensionamenti nel settore della prima infanzia, mentre la grancassa suona con storie demagogiche su temi seri come il "Family day". Il collasso della natalità non causa solo un devastante crollo demografico, ma l'invecchiamento della popolazione rischia di far saltare tutto e bisogna decidere su questo che strada intraprendere e se e dove il Pubblico debba essere presente non avendo risorse che possano consentire di fare tutto quello che si fa oggi. Specie se gli squilli di tromba continuano a dire che le tasse - che davvero hanno un'incidenza folle - vanno calate drasticamente. Ma torniamo alla botte piena e alla moglie ubriaca dell'incipit. Capisco che sono temi difficili e nessuno può essere così presuntuoso da avere ricette infallibili e visioni che consentano di risolvere tutto in un battibaleno. Ma non si può neanche pensare che tutto si risolva in dibattiti ingessati o preconfezionati: in fondo non si vive solo guardando ai finanziamenti, ma anche alle idee e alle proposte su come impiegare i soldi. Per cui concordo che i piagnistei servano a poco, ma non sarebbe neanche giusto rassegnarsi alla logica dei salassi (con la "s" minuscola, perché quelli con la "S" maiuscola furono sconfitti dall'imperialismo romano...) ed alla filosofia politica di breve periodo - in vista dello striscione di arrivo delle elezioni regionali del 2018 - che è come rattoppare vestiti ormai logori.