Da ieri sono in tanti e di diversa posizione politica che mi chiedono: «cosa farai?» Si riferiscono alle vicende narrate qui sotto, che portano il mio ex Movimento Union Valdôtaine Progressiste a chiudere la partita di un disegno politico alternativo al rollandinismo, rifugiandosi invece sotto l'ala protettiva del sempreverde presidente Augusto Rollandin in cambio di due poltrone in Consiglio Valle. Triste parabola discendente per chi voleva cambiare il mondo ed innescato tante speranze, e la disillusione è un prezzo che si paga. Sarà un anno e mezzo che sentivo odore di inciucio, ma non potevo crederci. Invece, come in un gioco preordinato, con rallentamenti e accelerazioni si è arrivati dove concordato in chissà quale summit segreto: prima o poi si scopriranno tutti gli altarini e ai tanti perché avremo risposte puntuali, che renderanno lo scenario per ora fumoso del tutto intellegibile e forse ancora più triste. Temo infatti che a delusione si sommeranno delusioni sull'animo umano.
La rappresentazione ufficiale è nota e buona per ingenuotti o complici: grande successo politico ed autentica svolta. Per chi ci crede è davvero un bel risultato, peccato che a crederci siano rimasti in pochi e non ci sarà capacità clientelare e carisma personale in grado di far risalire la china. Ieri ho parlato con centinaia di persone e purtroppo per chi l'ha concepita che l'operazione sia nel segno del potere e della cadrega l'hanno capito tutti e ne hanno ricavato un giudizio severo sulle persone e sui metodi. Nel gennaio del 2015 scrissi un post su questo blog e venni rimproverato dai soliti noti al "Conseil de Direction" dell'UVP per un approccio considerato troppo personalistico nei confronti di Rollandin, cartina di tornasole che qualcuno era già da lui allora per trovare qualche formula di accordo e se ci si arriva solo dopo diciotto mesi lo si deve a qualche rompiscatole come me. Raccontavo allora di Alberto Ronchey, inventore, alla fine degli anni Settanta, con un editoriale sul "Corriere della Sera" - del "fattore K" - dal russo "Kommunizm - comunismo" per spiegare il mancato ricambio delle forze politiche governative nei primi cinquant'anni dell'Italia repubblicana. Al Partito Comunista era impedita la partecipazione al Governo a causa dello stretto legame con l'Unione Sovietica. E la forza elettorale del Pci - seconda formazione politica in Parlamento - impediva di fatto ai socialisti o ai socialdemocratici di raggiungere un numero di consensi sufficienti per rappresentare l'alternativa. Poi mi riferivo per analogia al quadro valdostano: "Da noi, invece, esiste il "fattore R" dal cognome Rollandin, attuale presidente della Regione, sulla scena della politica valdostana con alti e bassi da una quarantina d'anni. Oggi la sua presenza è ancora l'elemento centrale della politica valdostana non solo per la sua personalità, ma per il metodo e i modi - assieme sornioni e spregiudicati - che uniformano la sua azione politica, negli aspetti noti e in quelli celati. Naturalmente è un sistema di potere declinante e anacronistico, da anni inefficace nella conduzione della cosa pubblica, ma la rete di rapporti e di interessi ha creato una situazione di "tappo", da cui non si riesce ad uscire con uno stallo che inquieta e rischia di colpire al cuore il sistema autonomistico valdostano". Più avanti ero tristemente profetico, letto oggi: "Eppure cambiare sembra sempre difficile per l'abilità camaleontica di chi lavora sul "divide et impera", sull'"usa e getta" di amici e alleati, sulla seduzione degli avversari vecchi e nuovi, su legami più o meno noti con centri di potere e sulla forza persuasiva di un carisma fatto di minacce e di blandizie. Così avviene anche in queste ore in cui, con lo scenario alle porte delle elezioni comunali in Valle d'Aosta (che pure - sia chiaro! - devono prevedere accordi a geometria variabile a seconda delle necessità locali), il "fattore R" influenza accordi e trattative per perpetrare la sua avvolgente influenza al solo scopo di mantenere saldamente il comando, ormai inefficace nelle sue realizzazioni concrete per reagire alla crisi economica e all'impotenza della politica". L'accordo per Aosta fallì, ma il progetto di accordo venne solo rinviato, mantenendolo sott'acqua. Resta valida la mia riflessione di allora: "Questa sua presenza impedisce, appunto agendo come un blocco, ogni reale possibilità di cambiamento e si illude chi pensi di agire senza un'operazione che rappresenti davvero un capitolo nuovo, che chiuda una storia e riporti aria fresca contro i miasmi di un degrado pericoloso. Non è facile e l'attesa è quanto di peggio ci sia per chi avverta i danni che nel frattempo avvengono sul tessuto economico e sociale della Valle. Mancano idee e progettualità in un giorno per giorno che fa avanzare decadenza e sfiducia, mentre i rapporti con Roma e con Bruxelles hanno raggiunto il minimo storico con un crollo di credibilità che pesa sulla nostra comunità. Per questo, nel caos attuale dei rapporti politici, bisogna tenere i nervi saldi, distinguere le notizie dalle voci e dai pettegolezzi, è bene anteporre gli interessi generali al proprio orticello, è necessario pesare dichiarazioni e diffidare delle battute da "social". Altrimenti tutto resterà così, nel panorama triste e grigio, senza speranza dell'attuale conduzione politica con una leadership senza futuro, che comporta non solo un danno materiale ma anche morale. E, invece, per fortuna, il cambiamento resta a portata di mano, volendolo". Ripeto: volendolo.