Credo di essere stato l'unico presidente della Regione della Valle d'Aosta che, in un'affollata assemblea pubblica ormai di parecchi anni fa, incontrò la comunità islamica. Fra le centinaia di persone c'era una sola donna presente e pure snobbata (quando si sedette ci fu il vuoto attorno). Ero interessato a capire i loro problemi: c'era il tema di un luogo di culto su Aosta (moschea), i tempi eterni per ottenere la cittadinanza, questioni di lavoro e molto altro. L'impressione, specie per marocchini e tunisini, era che esistesse una rete molto fitta di solidarietà familistica, ma - come si vede nella quotidianità della vita - si tratta di realtà non molto penetrabili dal resto della comunità valdostana e per questo bisogna creare ponti e non baratri.
Oggi credo che i musulmani in Valle, incrociando un po' di dati, saranno - compreso chi è diventato italiano a tutti gli effetti - almeno cinquemila, riferendosi anche alla corposa comunità albanese, anche se ci vorrebbe uno studio apposito per definire quanti siano i praticanti. Leggevo ieri Angelo Panebianco (il professore universitario che di recente a Bologna è stato contestato dai soliti invasati) sul tema "Noi e l'Islam", sotto il titolo "L'Europa non venda la sua anima". Questo l'interrogativo di partenza: «Quale prezzo dovrà pagare l'Europa, quali concessioni dovrà fare alle comunità musulmane che risiedono nei suoi territori per ottenere che esse si impegnino a contrastare le vaste aree (così risulta dai sondaggi) di simpatizzanti e sostenitori dell’estremismo islamico presenti al loro interno?». Esaminato lo scenario geopolitico del Medio Oriente e le sue varianti per smontare l'islamismo, Panebianco si occupa dell'Europa: «solo le comunità musulmane possiedono le risorse culturali per riportare alla ragione tutti quei giovani (ma non solo) che oggi simpatizzano per l'estremismo. Ma poiché nessuno fa niente per niente, il problema diventerà: quali concessioni verranno fatte dai Governi europei in cambio dell'aiuto richiesto? Non è difficile immaginare che natura e entità di quelle concessioni avranno una grande influenza sul futuro dell'Europa. Gli europei sono soliti nascondere la propria inerzia e la propria impotenza dietro a una cortina fumogena fatta di bolsa retorica e di parole vuote, del tipo (una delle preferite) "difenderemo i nostri valori e i nostri principi". Il bello (o il brutto) è che questi valori e principi vengono spesso lasciati nel vago: di quali valori e principi si parla? Il punto non è affatto irrilevante. Soprattutto se si andrà (e ci si andrà senz'altro) a negoziazioni, aperte o tacite, con le comunità musulmane europee. Fra questi "valori" c'è per caso la laicità, a sua volta fondata sulla capacità di distinguere fra il sacro e il profano, fra il regno di Dio e il regno di Cesare? E, ancora, fra questi valori c'è per caso l'uguaglianza giuridica fra gli individui a prescindere da sesso, religione o altro? E c'è, infine, per caso, il principio della libertà individuale? Perché se è così, allora bisogna sapere che quando si andrà a trattare con le comunità musulmane per ottenere il loro appoggio, i suddetti valori e principi dovranno essere difesi con particolare accanimento. Occorrerà pronunciare degli inequivocabili "no" di fronte alle eventuali richieste, se non di sospendere, quanto meno di attenuare la validità e l'applicabilità di tali principi in presenza di cittadini musulmani. Sembra facile ma non lo è. Soprattutto perché le società europee sono divise e, per questo, non daranno un sostegno compatto, sincero e coerente ai Governi impegnati in queste cruciali negoziazioni. Uno dei fatti più singolari della storia recente è l'alleanza che si è stabilita fra certi settori della società europea (con parecchi intellettuali al seguito) che questa società, in sostanza, detestano e la parte più reazionaria, chiusa alla modernità, del mondo islamico. I nemici europei della società liberale hanno trovato in quella parte un alleato. Sono quelli che "è sempre colpa dell’Occidente". Quelli che "Salman Rushdie, l'autore dei "Versetti satanici", si meritò la condanna a morte, la fatwa di Khomeini del 1989". Quelli che qualunque intellettuale di origine musulmana denunci i difetti dell'islam è uno spregevole e pericoloso "islamofobo". Eccetera, eccetera. E' evidente che la folta presenza di questi "compagni di strada" dell'islamismo indebolirà le capacità negoziali degli europei». Lucido e chiaro, anche se forse sgradevole per chi pratica le poltrone comode del politicamente corretto. Le conclusioni sono anch'esse condivisibili: «Quali "patti" verranno siglati? Quali alla luce del sole e quali sottobanco? La parte più insidiosa di qualunque patto sta nei suoi effetti differiti, nel fatto che le conseguenze sociali, politiche, economiche, culturali, del patto stesso si vedranno solo molto tempo dopo, probabilmente molti anni dopo. Riuscirà l'Europa ad ottenere l'appoggio delle comunità musulmane contro il terrorismo e l'estremismo in genere senza vendersi l'anima? Servirebbe a tutti (anche ai musulmani) se laicità, libertà individuale, uguaglianza di fronte alla legge, non risultassero infine formule vuote e retoriche ma principi non negoziabili».