Sono nato e cresciuto a pochi passi dal mondo contadino. Non solo perché a Verrès c'erano un tempo parecchie stalle vicine e familiari, ma perché - avendo un papà veterinario - il mondo dell'allevamento era il nostro sostentamento e spesso andavo in giro per le visite con papà o prendevo talvolta dal vivo o di persona le richieste di cura dai proprietari delle sue pazienti, prevalentemente bovine. Questo mondo contadino - basta leggere lo Statuto d'Autonomia della Valle d’Aosta e l'elenco delle competenze regionali - era un asse portante dell'economia e della civiltà valdostana. Poi sappiamo bene come nel tempo il numero delle aziende sia diminuito e siano ad esempio sparite quelle piccole stalle, legate ancora a logiche di autoconsumo.
Ed oggi siamo di fronte ad ulteriori cambiamenti in una materia, l'agricoltura, che dovrebbe essere una materia regionale per eccellenza, sempre Statuto alla mano, ma che in realtà, sin dagli esordi della politica comunitaria, è diventata una materia fortemente diretta dalle scelte di Bruxelles. Ecco perché, anche nella mia esperienza europea, una delle linee direttrici è sempre stata quella di far capire l'impatto che l'agricoltura di montagna ha non solo sull'economia ma anche sull'ambiente. Leggevo in questi giorni del grande successo del "Parmigiano Reggiano" che viene prodotto nelle zone montane dell'Appennino e che viene appositamente timbrato con un label "montagna" che lo rende riconoscibile. Così come mi ha sempre incuriosito che un formaggio alpino savoiardo avesse creato, pur in presenza di una "dop" come la nostra "Fontina", due diversi marchi, così declinati: «"Le Reblochon laitier": fabriqué une fois par jour, à partir du mélange de laits de plusieurs exploitations, quelques opérations sont mécanisées, fabriqué en coopérative ou fromagerie, il comporte une pastille de caséine rouge. "Le Reblochon fermier": fabriqué deux fois par jour, juste après la traite, à partir du lait d'un seul troupeau, fabrication entièrement manuelle à la ferme, il comporte une pastille de caséine verte. Le Fermier doit également apposer une toile de lin ou de coton dans les moules avant de verser le caillé. "Le Reblochon fermier" comporte toujours son logo sur l'emballage». Da noi esiste ormai una distinzione merceologica, proposta cioè da chi vende i formaggi, fra "Fontina normale" e "Fontina d'alpeggio", ma questo non corrisponde ad un marchio riconosciuto, che renderebbe possibile anche una chiara differenziazione dei prezzi, essendo il formaggio prodotto in alta quota certo più pregiato di quello, pur buono, prodotto a quote più basse, se non in pianura. Questo renderebbe, per altro, più allettante la monticazione del bestiame e cioè la tradizionale risalita estiva verso i prati più alti, appunto negli alpeggi. Oggi almeno due fenomeni rischiano di desertificare alcuni alpeggi: la diminuzione del numero complessivo dei bovini - oggi 34mila capi in 991 allevamenti - che non consentono talvolta di raggiungere il carico di animali che rendono economica la pratica (ed al di sotto certe soglie non si prendono neppure i contributi comunitari). Vi è poi il fatto che, per una serie di ragioni, compresi i ritardati pagamenti ormai endemici che hanno creato problemi di liquidità alle aziende, gli allevatori ormai preferiscono i pagamenti rapidi che avvengono nel fondovalle e dunque si lasciano gli animali in basso, rispetto a portarli in alpeggio, dove i pagamenti avvengono più tardivamente. La valorizzazione della "Fontina" quale prodotto d'alpeggio, venduta a prezzi più alti, potrebbe diventare - con un prodotto di accertata qualità - una delle chiavi che potrebbero evitare di ritrovarsi con i pascoli d'alta quota tristemente abbandonati con conseguenze gravissime sull'ecosistema alpino e con la beffa di investimenti milionari utilizzati per i rifacimenti delle strutture che potrebbero non essere più utilizzati.