Le frontiere stanno tornando in Europa con il lento sfaldarsi del "sistema di Schengen" sulla spinta di una rete di incomprensioni e ripicche riguardo alle conseguenze dell'assalto dei migranti (la gran parte senza ottenere il "diritto d'asilo") al Vecchio Continente. Per altro questo irrigidimento vale anche per chi non faceva parte del sistema di apertura delle frontiere, che ha a sua volta - come ha fatto il Regno Unito - ulteriormente rafforzato i controlli. Quel che crea un vero e proprio choc è la scelta degli austriaci di vigilare in modo molto severo, ma si parla pure di sistemi di reticolati veri e propri, la frontiera del Brennero con conseguenze incredibili in quell'area politica. Non a caso si sono mossi, senza esiti, i presidenti del Tirolo del Nord e del Sud ed il presidente della Provincia autonoma di Trento nell'ambito di quell'Euroregio che è una risaldatura storica fra aree che hanno vissuto assieme per millenni. Per altro la minoranza di lingua tedesca della Provincia autonoma di Bolzano è di fatto una preda della Prima Guerra Mondiale e nessuno può negare che sia così.
Questo ha da sempre obbligato a tenere conto di questa circostanza, immaginando di rendere la meno rigida possibile quella frontiera. Ed invece ora viene militarizzata. Aveva scritto, pochi giorni fa, da buon profeta, il direttore del quotidiano "Trentino" (con versione Alto Adige), Alberto Faustini: «La forza dell'Euregio? Non pervenuta. I rapporti privilegiati con l'Austria? Svaniti. Il dialogo speciale con l'"amico" Matteo? Puro atto di cortesia. La tanto decantata cornice regionale utile per vincere sfide che vanno ben al di là dei propri confini? Abbattuta dalla miopia di due Province sempre più autonome, ma anche sempre più sole. Il cancelliere austriaco va a Roma e ribadisce che sta per iniziare la costruzione di un muro di filo spinato per arginare (e bloccare in Italia, se a qualcuno è sfuggito) l'ondata dei profughi. E il premier più loquace della storia d'Italia che fa? Ascolta zitto e buono. Come se Faymann parlasse dell'ultimo dei problemi locali di uno Staterello ad anni luce da qui. I tre presidenti dell'Euregio (a proposito: perché aspettare così tanto?) finalmente si sono ritrovati attorno a un tavolo: la famosa macroregione transfrontaliera che doveva dare un peso diverso, non solo in Europa, ad un Alto Adige, ad un Trentino e ad un Tirolo (teoricamente) in grado di muoversi insieme e in modo originale nel mare delle piccole patrie, annuncia d'avere una linea comune contro le barriere, per salvare il "Trattato di Schengen". Se le premesse sono queste, temo che la linea comune sia il silenzio». Senza comparare quel che sta avvenendo sulle Alpi Orientali, attraverso i singolari avvenimenti che hanno cristallizzato l'attuale situazione, è certo che anche l'irrigidirsi notevole delle frontiere verso la Francia - al Traforo del Monte Bianco ci sono ormai controlli minuziosi - spiace sinceramente anche rispetto alla Storia comune e speciale che ci riguarda con i nostri vicini della Savoia. Siamo di fronte ad una sconfitta di decenni di lavoro, prima attorno alla cooperazione transfrontaliera e poi attraverso la cooperazione territoriale, sino al progetto - rimasto come sospeso nel vuoto - dell'Euroregione AlpMed, priva ancora di reali basi giuridiche nel rimpallo fra diritto italiano e diritto francese. Eppure tutto lasciava sperare in una consapevolezza comune di questi nuovi spazi politici. Lo stesso vale per Eusalp, l'Euroregione alpina, che nasce sotto una cattiva stella in un periodo cupo e grigio - per ragioni certo anche comprensibili - ma reticolati e muri non sono certo la soluzione.