Solo ai tempi della breve stagione della Constituante, quando un annetto fa si aprì - su iniziativa dell'Union Valdôtaine Progressiste - un dibattito pubblico con una interessante e breve coda di un gruppo tecnico, si discusse in Valle d'Aosta delle ricadute della riforma costituzionale targata Matteo Renzi. Una riforma che sarà sottoposta a referendum confermativo (quello senza quorum da raggiungere) nell'ottobre di quest'anno. Semmai in queste settimane si è tornati a discutere in Consiglio Valle - e male non fa - di uno degli aspetti inespressi dello Statuto di autonomia vigente: la famosa "Zona Franca", che ormai va connessa in qualche modo al quadro statutario in movimento e al al quadro giuridico europeo inesistente nel dopoguerra.
Se la riforma della Costituzione passerà (e io mi auguro di no, perché è una riforma centralista e autoritaria, che sulla distanza costerà cara al Partito Democratica), gli Statuti delle Speciali andranno riscritti (la riforma congela la situazione attuale in vista della "revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime") e ciò avverrà purtroppo in un clima di regionalismo debolissimo, come emerge dalla politica e dal diritto costituzionale ai tempi di Renzi. Eppure, malgrado le incertezze attuali, lo stesso Governo nazionale (il sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa) ha creato una Commissione tecnica di cui ho perso le tracce (per la Valle d'Aosta c'è Robert Louvin), che dovrebbe fare proposte in merito, mentre non sarebbe stato male riunirsi, almeno fra le Speciali nel Nord, senza transitare da Roma, che certo non è allo stato un alleato ma un difficile interlocutore, se non un avversario. E lo si constaterà sempre di più, perché - secondo me - le macroregioni sono già nel cassetto pronte all'uso e sono molti gli avvoltoi sugli alberi che sperano nella morte istituzionale della Valle d'Aosta. Comunque sia, spetta al Consiglio Valle - e non ad un delegato del Governo regionale - abbozzare idee e proposte e naturalmente un percorso per la riforma. Ed in fondo avrebbe senso farlo, pensando ad analoghi tentativi del passato: io ho vissuto certi utili confronti nella "Convenzione per l'autonomia e lo Statuto speciale della Valle d'Aosta" di dieci anni fa, morta di fatto anch'essa negli esiti finali per la semplice ragione che mandare un testo in Parlamento senza il principio dell'intesa sarebbe stato il solito azzardo, visti i rischi di uno stravolgimento totale nel l'iter in Parlamento. Questa volta ci sarebbe un'intesa, valida al momento solo in una logica "una tantum", anche se sfugge per ora come funzionerebbe davvero questa intesa. Intanto, i nostri più simili - trentini e sudtirolesi - si sono avviati con la serenità della garanzia internazionale che li protegge con la tutela austriaca, anche se Bozen è il riferimento più forte dell'accordo. Certo anche lì non sono rose e fiori, ma la comparazione resta utile, come raccontato in un editoriale di Alberto Faustini, che dirige i quotidiani "Trentino" ed "Alto Adige". Dice il sagace Faustini e sintetizzo un suo recente editoriale: «i percorsi saranno due: Convenzione a Bolzano, Consulta a Trento. Diversi gli schemi, diversi gli intrecci e diversi, si teme, gli esiti. Che due territori cerchino di costruire la via per il terzo statuto d'autonomia in... autonomia dall'autonomia del vicino è un errore colossale. Tale anche perché la miope Svp ha chiesto espressamente di non avere fra le scatole i cugini trentini, dai quali si sente sempre pronta a staccarsi, se la situazione dovesse precipitare. Nessuno si salva da solo. Non a caso il sottosegretario Gianclaudio Bressa invita tutte le Regioni italiane a statuto speciale a muoversi insieme per contare di più (e per essere meno antipatiche, per non dire antistoriche) a livello nazionale e per costruire una nuova fase nei delicati e complicati rapporti fra le periferie del Paese e quel centro che Renzi immagina sempre più potente". Conclude Faustini: "ma l'occasione è unica e irripetibile. Seppur separate, le due Province devono infatti giocare quella che è forse l'ultima carta che hanno per cercare di autoriformarsi senza farsi imporre dallo Stato, in un tempo di risorse e di idee calanti, chissà quali tagli e ridimensionamenti. L'anatra nasce zoppa e con due teste. Ma ha bisogno di volare: con il pieno coinvolgimento di tutti. Solo così si può pensare di riattualizzare la specialità di questi territori". Ovvie le differenze fra noi e loro, pensando alle due Province autonome legate da una Regione ormai defunta in termini di poteri e competenze, ma resta la sostanza: come avviarsi in Valle d'Aosta, comunque vada il referendum, lungo il cammino della riforma?