Anche il 1976 era, come quello appena iniziato, un anno bisestile. Io all'epoca ero un giovane liceale che viaggiava verso la maggiore età. Pur aderendo alla "Jeunesse Valdôtaine", ad Ivrea - giocando fuori casa - mi collocavo più in un'area di simpatizzante del Partito Radicale, con cui ho avuto poi negli anni successivi occasione di confronto. Trovavo interessante che fosse l'unica forza politica a parlare di federalismo ed i soli ad affrontare, nella palude partitocratica italiana, del tema delicatissimo e stimolante per un ragazzo dei Diritti Civili. Oggi scorro le notizie di sintesi di "Wikipedia" per quell'anno e ritrovo l'aria di quei tempi ed anche interessanti elementi prospettici di fatti che non sono morti lì, ma hanno generato numerosi avvenimenti successivi.
A gennaio ci fu una crisi di Governo a Roma nel solco della ben nota instabilità, a Milano - in quegli anni di piombo - vengono arrestati i brigatisti rossi Renato Curcio e Nadia Mantovani, volò per la prima volta il "Concorde", segno di progresso, Sandro Munari con la "Lancia Stratos" vince il Rally di Montecarlo, vengono bruciate in Italia le copie del film di Bernardo Bertolucci "Ultimo tango a Parigi" (la scena del burro!). Nei mesi successivi si inanellano notizie che riaprono cassetti chiusi della memoria, come lo "scandalo Lockeed", la svalutazione della lira durante la crisi monetaria, la tragedia della funivia del "Cermis", nasce e sappiamo che strada farà la società di informatica "Apple", si fa calda la discussione sull'aborto, ci sono le elezioni politiche anticipate (in Valle c'è un'elezione "disgiunta" con alla Camera il comunista Ruggero Millet ed al Senato l'unionista Pierre Fosson), il terremoto distrugge una parte del Friuli (e gli alpini valdostani accorsero), Felice Gimondi vince il "Giro d'Italia", vengono legittimate dalla Corte Costituzionale le trasmissioni radiotelevisive private (nel 1977 cominciai anch'io a trasmettere per "Radio Saint-Vincent"), muore Mao Tse-Tung, il 1° ottobre per l'ultima volta inizia l’anno scolastico in quella data, Mu'ammar Gheddafi entra nel capitale della "Fiat". Ma di quell'anno - quarant'anni fa come domani - ricordo la nascita, in un'area laica e progressista, del nuovo quotidiano romano, "La Repubblica", diretto da quel direttore-fondatore che fu Eugenio Scalfari (detto "Barbapapà", come svelato da uno dei fondatori, Gianpaolo Pansa), che oggi a 94 anni scrive ancora con incredibile lucidità. Comprai il giornale fresco di stampa, prima di andare a scuola, all'edicola della stazione ferroviaria di Ivrea e ricordo la curiosità per quel quotidiano formato tabloid, piccolo e stretto, e ricordo pure quel pelo di esibizionismo "da intellettuale" nello sfogliarlo all'intervallo nei corridoi del "Carlo Botta". La prima pagina si apriva con un'intervista dello stesso Scalfari con il segretario del PSI, Francesco De Martino (cui proprio quell'anno succederà Bettino Craxi), sulla crisi di governo e sui rapporti con il PCI di Enrico Berlinguer. Al centro figurava la notizia dell'incarico di governo conferito ad Aldo Moro, sotto un articolo di Giorgio Bocca (legato alla nostra Valle, dov'è stato sepolto) sul rischio fallimento della fabbrica d'auto "Innocenti". All'interno (la foliazione era di venti pagine) c'era un grande spazio alle notizie di politica internazionale e lo stesso valeva per economia e cultura. Niente sport, che compare solo a partire dal 1979 a cura di Gianni Brera e del suo impagabile linguaggio "padano". Come dicevo, il formato era tabloid e la grafica (con il carattere tipografico "Bodoni") aveva la marca della stampa anglosassone. Appare anche la vignetta, inizialmente all'interno ma conquisterà presto la prima pagina. A disegnarla è Giorgio Forattini con la sua satira politica che entrerà nel costume. Sono cresciuto leggendo quel giornale (che ha pure scritto su di me, compresa qualche scemenza), fattosi nel tempo quasi un partito e lievitato nelle pagine in modo impressionante, come un panino sempre più imbottito, ma in questi ultimi anni vanta anche uno sviluppo su Internet molto interessante, probabilmente il futuro rispetto al cartaceo in contrazione. Per tutte queste ragioni ne celebro volentieri il compleanno: certo esiste un côté nostalgico per il tempo che passa, ma fatemi dire che alla fine questi ricordi scaldano il cuore. Come diceva Bob Dylan con la sua vena d'allegria: «Abbi cura dei tuoi ricordi perché non puoi viverli di nuovo».