Ah, la neve! Quest'anno si è fatta attendere e poi è arrivata - direi "a spizzichi e bocconi" - ma mi pare che pian pianino stia facendo sul serio e dunque la stagione, partita malissimo, dovrebbe aggiustarsi e con essa il panorama montano, che senza neve è quanto di più deprimente si possa immaginare. Il punto di partenza vorrei fossero alcune dichiarazioni, sintetiche e efficaci, del mio amico metereologo Luca Mercalli, con cui condivido un amore per il mondo alpino che comprende la neve come uno degli elementi - almeno per ora - delle nostre Alpi. Rispondendo per "Condé Nast Traveller" alle domande di Paola Manfredi così si esprime Luca. Partendo da che cosa sia la neve: «E' un cristallo di acqua ghiacciata che si forma all'interno di una nuvola. E' necessario che nell'aria ci sia un'impurità microscopica, come un piccolo granello di polvere o un cristallino di sale, che serva da supporto».
«Su questo - prosegue - a temperature sotto zero, si inizia a formare il cristallo di ghiaccio. Il primo cristallo di un fiocco ha forma esagonale, poi si accresce in altre forme, sempre diverse a seconda della temperatura e delle condizioni climatiche: non esiste solo il classico fiocco di neve dendritico (ramificato), esistono forme ad ago, cilindro, piatto. Il cristallo dendritico si forma quando le temperature sono più vicine allo zero, mentre quando fa più freddo prevalgono le forme semplici. Se qualcuno vuole fare predizioni sulla temperatura dell'aria guardando un fiocco di neve, in questo caso può tentare...». Ma ci sono tanti fiocchi e "tipi" di neve: «Esiste una classificazione che elenca una quarantina di cristalli diversi. Ed esiste uno specialista, il nivologo, che con la lente d'ingrandimento riconosce i diversi fiocchi. Non è un puntiglioso esercizio di classificazione: riconoscere la neve aiuta a stabilire i rischi di valanga. C'è la neve umida e compatta, formata da fiocchi dendritici che si agganciano uno con l'altro e quella polverosa, costituita da fiocchi asciutti di forme semplici. Ma la neve cambia sempre, in un unico percorso di fuoripista è difficile trovarne un solo tipo. Può essere compattata dal suo peso o dal vento, che tende a far diventare tutto come sabbia: fa volare i fiocchi, li rompe e li schiaccia. Una neve "ventata" è molto dura ed è anche pericolosa perché favorisce valanghe a lastroni. Lo scrittore danese Peter Høeg nel romanzo "Il senso di Smilla per la neve" elencava i modi di dire che in Groenlandia si usano per i diversi tipi di neve. In Italia ne abbiamo alcuni, che sopravvivono nei patuà locali. Mi ricordo di averne letto alcuni nei romanzi di Mario Rigoni Stern, in "Inverni lontani" e "Sentieri sotto la neve"». A me vengono in mente le strofe descrittive, proprio in patois, del poeta di Saint-Vincent, André Ferré, uomo dalla vita avventurosa, che così descrive l'intimità della nevicata: «Lo bon foà y avie d'un lo fornet qui rounne / Fourra la nei a tsìt tot pian sensa tapadzo / Su lè bôch e lè mont, su le prà s'amontounne / Com'un bé linchoul bianc dessù lè veulladzo». (azzardo in italiano: «Un bel fuoco brilla nella stufa che vibra / Fuori la neve cade lentamente senza rumore / Sui boschi e sulle montagne, sui prati si accumula / come un bel lenzuolo bianco sui villaggi"). Mi riconosco molto in questo senso felpato di intimità, che fa sì che quando nevica venga veramente voglia di restare a casa a godersi la giornata. Anche perché - diciamo la verità - mettersi per strada non è sempre agevole. Da questo punto di vista, anche in una Regione alpina come la Valle abbiamo un problema: come diavolo è possibile che ci sia un tasso crescente di imbranati alla guida e come caspita è che le strade non vengano pulite sempre e tempestivamente a regola d'arte? Capisco che ci vorrebbero risposte plurime. Nel primo caso resto convinto che in zona alpina, come avviene in Svizzera, si dovrebbe obbligare i neopatentati a fare dei corsi di guida sulla neve. Nelle cose buttate nel cestino in Regione, c'è stata anche una mia idea molto avanzata nella sua concretizzazione per avere in Valle un circuito "Guida sicura" con corsi invernali su neve e ghiaccio... Nel secondo caso non so se sia una questione di soldi, per cui gli appalti pubblici sono sempre più al ribasso e si fa dunque quel che si può, ma credo conti anche chi i mezzi spartineve li manovra, perché immagino che anche per quello ci voglia un minimo di perizia, a meno che l'ordine di scuderia sia davvero quello di usare poco la lama... Vabbè, facciamo di necessità virtù e godiamoci, comunque sia, l'aspetto bello delle nevicate.